Fedeli: “A queste condizioni non vengo a Cesena”

L’ex presidente della Sambenedettese parla per la prima volta dello stop alle trattative per un suo ingresso nel Cesena. Dai costi della Lega Pro alle cifre uscite in questi giorni sui giornali e sul web.
11.07.2020 07:00 di Bruno Rosati   vedi letture
Franco Fedeli
Franco Fedeli
© foto di rivieraoggi.it

La telenovela è giunta al termine lo scorso lunedì, con l’annuncio da parte del cda bianconero di non aver trovato soddisfacenti le manifestazioni d’interesse pervenute e quindi di voler proseguire da soli. Per circa un mese però gli animi di tutti gli appassionati del Cavalluccio (ok, forse non proprio tutti) sono stati rapiti dal possibile ingresso di un nuovo socio di maggioranza che andasse a ridefinire l’attuale compagine.
Qualche indizio - la PEC, l’advisor di Roma - e tante ipotesi su chi si celasse dietro tutto ciò. Uno solo fra questi nomi però ha deciso di venire allo scoperto e lo ha fatto sin da subito. Si tratta di Franco Fedeli, ex presidente della Sambenedettese.

Fedeli, le possibilità di un suo approdo in bianconero sono del tutto sfumate.
“Sì, in maniera definitiva o quasi. La distanza che mi separa da Cesena è considerevole, anzi eccessiva. Ci sono quattro ore di auto, non posso permettermi di salire solo per il fine settimana. Avrei dovuto trovare un mio personaggio di fiducia sul posto che potesse curare i miei interessi e questo non è facile”.

Ha mai avuto la sensazione che questa apertura a nuovi possibili soci fosse solo una volontà di facciata da parte del Cesena?
“Non saprei, può essere… Quando sono venuto personalmente a Cesena (l’incontro del 27 giugno con l’amministratore delegato Gianluca Padovani, ndr) abbiamo parlato giusto del più e del meno. A mio avviso le cose si fanno alla luce del giorno, non chiusi in uno stanzino come carbonari…”

Cesena ha la nomea di essere piazza refrattaria a gente che proviene da fuori. Un ambiente che predilige figure del posto, romagnole. Lei ha avvertito questo genere di ‘ostilità’?
“In parte sì ma credo anche sia giusto così. Se fossi il presidente del Cesena rimarrei sempre un estraneo, comunque vadano le cose. Se sbagliassi a Cesena verrei crocifisso”.

Cosa si sente di dire a chi la definisce un padre padrone, paragonandola a presidenti come Cellino, Preziosi, Zamparini?
“Che ha ragione, sono proprio così. Magari un pochino meglio dei nomi menzionati. Però sono istintivo e non ho peli sulla lingua, senz’altro”.

Ed è sull’onda di questa istintività che ha scelto di abbandonare la Sambenedettese per tentare di raggiungere il Cesena?
“Alt. Io sono dell’idea che una persona debba sapere quello che fa e a cosa va incontro. San Benedetto è una bella piazza ma con una tradizione differente. Ciò che ai miei occhi la accomuna a Cesena è la distanza dalla mia abitazione: a lungo andare è logorante e alla fine mi sono disamorato. Cesena però è una piazza da Serie A: ha fatto la serie A, ha strutture da Serie A e un pubblico da Serie A. Tutti aspetti che mi affascinano molto. Per contro, il Cesena comporta anche costi da Serie A militando però in Lega Pro. Fare così la Lega Pro diventa un suicidio”.

C’è chi sostiene che lei avesse messo sul piatto ‘solo’ 350 mila euro per acquisire la maggioranza del Cesena.
“350 mila euro? Una balla grossa. Io avevo proposto 810 mila euro per avere sin da subito il 51%. Sembrava andare bene. Poi mi è stato detto che erano necessari 2 milioni all’anno per avere il 51% fra tre anni. Ci sono 29 soci dove ognuno vuole dire la sua, troppe condizioni che non mi sento di accettare”.