Dionigio Dionigi e Eugenio Bersellini

Il decano dei giornalisti cesenati racconta il mister: “Ma quale ‘Sergente di ferro’... sapeva trasmettere grande armonia alla squadra”
18.09.2017 18:00 di  Daniele Mazzari   vedi letture
Eugenio Bersellini
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Eugenio Bersellini
© foto di Andrea Pasquinucci

‘Il Sergente di ferro’, il dodicesimo scudetto dell’Inter, le strigliate ad Evaristo Beccalossi, la Coppa Italia vinta con Vialli e Mancini e l’avventura come c. della Libia. Nel ricordo di Eugenio Bersellini, scomparso ieri all’età di 81 anni, sono queste le immagini e i temi più ricorrenti.
Prima di lasciare il segno nella storia del calcio italiano, però, Bersellini scrisse anche uno dei capitoli più importanti della vita del Cesena, quello del debutto in A, dei primi confronti con le big e delle prime due salvezze nella massima serie.

Quando prese in mano il Cesena - ricorda Dionigio Dionigi, giornalista e memoria storica dello sport cesenate e romagnolo -, prima dell’inizio della stagione disse chiaramente: ‘State tranquilli, perché ci salveremo’. Non era arroganza, certamente non era una persona presuntuosa, ma ci credeva fermamente e anche per quello la squadra lo seguì fin da subito”.

Quella fu la prima volta che lo conobbe di persona?
“Non proprio, la prima volta che lo vidi fu fuori dallo stadio, prima della conferenza stampa di presentazione. Chiacchierammo tra di noi, mi fece subito un’ottima impressione. Io gli feci molte domande ma anche lui me ne fece altrettante. Era rimasto subito piacevolmente colpito dalla città e dalla Romagna ed era molto curioso di conoscere l’ambiente in cui era arrivato”.

È passato alla storia con l’appellativo di ‘Sergente di ferro’, crede sia un’etichetta che gli si addice?
“Direi di no, non mi sembra un soprannome del tutto appropriato. Era una persona corretta, educata e sempre molto disponibile. Aveva un carisma che poi trasmetteva anche ai propri giocatori. Pretendeva molto dalla squadra sia in partita che in allenamento, è vero, ma non era un uomo duro. A Cesena ricordo che era riuscito a creare nella squadra una grande armonia, era un leader e i giocatori lo seguivano”.

Il punto più alto della sua parentesi al Cesena?
“Direi il 2-2 a Torino con la Juventus. Ricordo che al ritorno da quella trasferta l’atmosfera era splendida e l’entusiasmo era alle stelle. Anche il mister era euforico come il resto della squadra”.

Quando sente nominare il nome di Bersellini, qual è la prima immagine che le viene in mente?
“Ricordo una volta che tornavamo in pullman da Napoli dopo aver subito un 4-0. Il morale era basso, sembrava di essere in un cimitero, e lui era l’unico a scherzare e a cercare di tirar su il morale alla squadra e a diffondere serenità”.