Nel weekend contro la violenza sulle donne, la FIGC ‘uccide’ ancora una volta il calcio femminile
Nell’undicesimo turno di campionato di Serie B femminile il Cesena affronta l’Orobica Bergamo solo per metà gara.
Sì, soltanto il primo tempo di gioco è andato in scena al centro sportivo Giacinto Facchetti di Cologno al Serio.
Una tanto sfortunata quanto sconcertante contrattura al polpaccio del direttore di gara, il signor Andrea Mazzer di Conegliano, ha interrotto il gioco verso la mezz’ora della prima frazione. Dopo gli immediati soccorsi dello staff medico di casa, durati all’incirca cinque minuti, la contesa è proseguita senza particolari patemi sino al duplice fischio.
I problemi veri, per entrambe le compagini, sono iniziati al rientro negli spogliatoi. Mazzer, per paura di peggiorare il proprio infortunio, si è rifiutato di tornare sul terreno di gioco. Inutili sono state le richieste di entrambi i team di provare a continuare comunque il match, anche arbitrando con sforzi fisici limitati al minimo. La professionalità doveva essere posta prima di ogni cosa per il fischietto veneto.
Tralasciando la situazione a dir poco fantozziana (fra i presenti aleggiava la sensazione di vivere sulla propria pelle una situazione analoga alla scena di capodanno del film del ’75, i paragoni si sprecano…), nulla è veramente imputabile all’arbitro designato.
In queste situazioni i protocolli della Lega dovrebbero prevedere delle soluzioni, non il rinvio completo dell’incontro. Che i due assistenti non possano fare le veci del primo ufficiale perché sprovvisti dell’abilitazione è una cosa a dir poco vergognosa.
Il tutto è ancora più ridicolo se si pensa che in caso di infortunio dei guardalinee il loro posto possa essere preso da un dirigente locale.
Ogni esponente della FIGC davanti ai microfoni dice di voler valorizzare il calcio femminile in Italia per quello che realmente meriterebbe, facendosi paladino della parità di fronte alle telecamere. La verità è che, a meno che il quadro globale non cambi del tutto dal giorno alla notte, esso abbia le ore contate.
È folle, inutile e controproducente chiedere i massimi sforzi alle società in nome di un ipotetico professionismo anche in Serie B quando tale è il trattamento riservato in caso di necessità.
Ogni qualvolta si presenta un problema la toppa posta è peggiore del buco. Basti pensare al caso di questa sfida: non portandola a termine e disponendo la sospensione le difficoltà create alla nazionale di Romagna sono innumerevoli.
Otto giocatrici e tutti i membri dello staff hanno un lavoro esterno, quindi la ripresa non potrà per forza di cose essere disputata con un turno infrasettimanale. Durante le soste per le nazionali quattro ragazze della rosa partono con le rispettive selezioni, rendendo così possibile la richiesta di rinvio. E, guardando oltre alla sola questione di campo, le bianconere dovranno viaggiare nuovamente verso la Lombardia, imponendo così alla società un ulteriore esborso economico non indifferente vista la totale assenza di ricavi all’infuori degli sponsor.
L’impegno giornaliero di ogni squadra che lavora seriamente è mandato all’aria da strutture inadeguate, campi nemmeno degni della peggior squadra di terza categoria e partite che, invece che essere messe in luce, vengono nascoste dalla stessa Federazione.
Nessuna emittente si è fatta viva per acquisire i diritti delle gare di Serie B per la stagione 2024-2025. Le partite, dapprima trasmesse su YouTube dove chiunque poteva accedere senza grattacapi, sono ora mandate in onda sull’applicazione Vivo Azzurro TV, bloccando del tutto l’accesso ad ogni utente casuale.
È ormai chiaro come alla Federazione non interessi nulla di uno sport che non porta risultati dal punto di vista economico. Quindi, mentre in serie A i calciatori scendevano in campo con un segno rosso sul viso in concomitanza con la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra oggi 25 novembre, è inutile girare intorno alla semplice e cruda verità: il calcio femminile italiano è morto prima ancora di nascere.