Quattro chiacchiere con mister Ciampelli

Il tecnico della Jesina, alla sua prima stagione, ne ha da raccontare...
27.10.2018 08:00 di Bruno Rosati   vedi letture
mister Ciampelli
mister Ciampelli

Domani è già di nuovo il momento di scendere in campo, e Abbiamo scambiato due chiacchiere con il mister della Jesina Davide Ciampelli.

Mister Ciampelli, cosa l’ha portata a sposare la causa della Jesina in estate?
“Ho fatto la trafila dei settori giovanili per cinque anni a Perugia, all’ultimo anno di primavera mi ero già confrontato da avversario con mister Angelini. Poi nella passata stagione mi sono cimentato con un’esperienza più concreta a contatto con la prima squadra. Ora è arrivato il momento di mettermi alla prova con una realtà diversa. Non ero mai stato a Jesi prima di venire qui ad allenare. È una città che mi ha sempre incuriosito perché ha una grande tradizione sportiva in generale, legata principalmente alla scherma e a seguire basket, pallavolo. A livello calcistico c’è una situazione un po’ particolare, di grande criticità nelle ultime stagioni. A maggio la squadra è retrocessa ai play-out per poi essere ripescata, si è vissuto anche un passaggio di proprietà a livello societario e quindi è una fase molto delicata. È la sfida che ho deciso di raccogliere. Mi ha affascinato da subito, essendo comunque ben consapevole di andare incontro a delle difficoltà. Non è stata la scelta più facile, a portata di mano. Però è stata la scelta che sentivo più mia. Al mio modo di vedere il calcio, al mio modo di allenare e al poter crescere come allenatore. So quanto sia complicato fare la serie D. Lo è a maggior ragione a Jesi che è una piazza importante e calcisticamente vogliosa di tornare ai fasti di un passato nemmeno troppo recente” 

Ed è pure la città d’origine dell’attuale commissario tecnico della Nazionale.
“Questa è più che altro una coincidenza, dai... ” 

La sente la mancanza di Perugia e del suo circondario?
“Mi sento più romagnolo che perugino. A Città di Castello ci sentiamo più vicini alla Romagna che al capoluogo umbro. Lo siamo sia a livello geografico, sia a livello di usi e costumi. Abbiamo le stesse abitudini, lo stesso modo di interpretare la vita e ciò si riflette anche nello sport”

Durante lo scorso campionato di serie B, sulla panchina del Grifo si sono avvicendati ben tre tecnici diversi: lei era il vice. Il primo di questi cambi è avvenuto proprio dopo la sfida contro il Cavalluccio. Com’è stato lavorare alle dipendenze di Giunti, Breda e Nesta?
“Serata terribile! Il Cesena venne a Perugia e dominò per tutto l’arco della gara. Il risultato di 0-3 non lasciò spazio a particolari interpretazioni. Il Cesena guidato da Castori, arrivato da poco, meritò appieno la vittoria. Per noi fu il momento peggiore di tutta la stagione, il punto più basso.  Dopo quattro anni di allievi nazionali ed uno di primavera, ritenevo il mio percorso nel settore giovanile terminato. C’è stata questa possibilità, in accordo con il presidente Santopadre ed il direttore Goretti. L’ho colta al volo perché era fondamentale questo passaggio per la mia formazione e la mia crescita personale. Il mio obiettivo era da sempre quello di allenare in prima persona, sapevo che sarebbe stata un’esperienza dalla breve durata. Penso sia stata la stagione più difficile e più controversa nella storia recente del Perugia. È stata comunque un’annata importante che mi ha arricchito parecchio” 

La Jesina ha ottenuto una sola vittoria finora. Questa però è arrivata contro una squadra romagnola, il Santarcangelo.
“Il momento più alto della nostra stagione. Solo che al turno successivo infrasettimanale abbiamo perso in casa contro la Savignanese, anch’essa romagnola. È stata una partita che ci ha un po’ scombussolato. Mentalmente non pensavamo di poter perdere quella gara. Quando una squadra pensa di non perdere e poi perde dopo va in contro a delle difficoltà nel riuscire a reagire immediatamente. Ci siamo complicati la vita contro il Campobasso e adesso arriviamo da un pareggio a Pineto, ottenuto contro una delle squadre più in forma al momento” 

L’autore del pareggio all’ultimo respiro, Cameruccio, è stato uno dei migliori in campo anche nella sconfitta della sfida precedente contro la Vastese. Che tipo di giocatore è?
“È un ragazzo di Jesi, fa parte di quegli elementi confermati nonostante la retrocessione dell’anno scorso perché non tutto era da buttare, assolutamente. Ha appena ventun anni, è un giocatore ancora giovane. Dispone sicuramente di mezzi importanti e deve cominciare ad abituarsi nel ragionare con una prospettiva da calciatore vero. In questo momento sta cercando la continuità di rendimento che forse non ha mai avuto. Io lo ritengo un elemento dal grande potenziale. Questa è la stagione in cui deve fare il salto di qualità soprattutto a livello mentale”

Che partita sarà quella di domenica?
“Sinceramente, penso che qualsiasi avversario del Cesena, messo di fronte a questa domanda, risponderà che è la finale di Champions League o dei Mondiali, la partita della vita che dir si voglia... Per tutti è la giornata indimenticabile, sotto ogni punto di vista. È un’occasione ed è giusto che sia così. Il Cesena in serie D è solo di passaggio. Ho visto le partite interne contro il Francavilla ed il Forlì, quell’ambiente mette i brividi, veramente”

Il Cesena parte favorito?
“Tecnicamente, stiamo parlando di una corazzata. Ora credo che sia entrata definitivamente dentro il campionato, una cosa non scontata e non facile. Anche per l’ambiente non è immediato calarsi in questa realtà. Io stesso a marzo sono venuto a Cesena da avversario con il Perugia e adesso ritrovarselo in serie D sembra molto strano. All’inizio ci sono state delle partite di assestamento inevitabili. In virtù anche degli ultimi risultati ottenuti, ritengo che il Cesena sia una volta per tutte proiettato in questa sua nuova dimensione. Il reparto offensivo poi è completamente fuori categoria. Quei tre là davanti sarebbero un lusso anche per la serie C. Ovviamente è la squadra più forte e verrà a Jesi per imporre il proprio gioco. Sta a noi limitare le grandi qualità tecniche del Cesena, soprattutto a campo aperto”

C’è un allenatore a cui si ispira? Con chi dei tre avuti a Perugia ha riscontrato più similitudini nel modo di approcciare alle partite?
“Fare un sunto degli allenatori avuti l’anno scorso a Perugia sarebbe complicato perché sono tecnici arrivati in frangenti differenti, ognuno dei quali con i propri ostacoli da abbattere. È chiaro che da tutti si cercano di captare i segnali lanciati alla squadra, di carpire qualcosa e farlo proprio. Personalmente, ho deciso di fare l’allenatore perché sono cresciuto con la Juventus di Marcello Lippi. È stata la squadra che più di ogni altra mi ha affascinato per come interpretava le partite. Lippi mi ha sempre colpito per la sua capacità di gestire i ruoli e le gerarchie fra i calciatori. Possiamo dire che nel mio comodino ci sia la sua figurina”