Anatema

31.07.2021 10:32 di Stefano Severi   vedi letture
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© foto di Francesco Di Leonforte/TuttoCesena.it

È la fine del mondo per come lo conosciamo, o quasi. Un mondo provinciale, certo, ma che con i suoi pregi e i suoi difetti, gli stessi che descrivono questo grande paese di campagna che è Cesena, hanno fatto la storia. Siamo stati grandi finché siamo rimasti umili, dalla fondazione in un capanno da pesca ai contratti firmati sulle casse della frutta in magazzino, e siamo caduti quando ci siamo creduti più furbi di tutti gli altri, quando abbiamo voluto fare il passo più lungo della gamba. E poi siamo rinati, sempre da provinciali, e siamo ripartiti con lo stesso entusiasmo di sempre. Fino al punto di svolta, in questa estate 2021, che rischia di far male più di quella di 3 anni fa, quando le forche caudine del fallimento almeno ci liberarono della peggior dirigenza di sempre dei primi 80 anni del Cesena.

In questa seconda calda estate da Corona il buon vecchio Cesena sembra davvero ad un passo dalla cessione ad una finanziaria straniera, al momento rappresentata da uno studio di avvocati, dietro alla quale si potrebbe nascondere una vera pletora di investitori. Tradotto in altri termini: anche quando sarà ufficializzato il nome dell’acquirente servirà tempo per capire chi ci sia veramente dietro tale gruppo finanziario: non un singolo imprenditore bensì qualcosa di simile ai fondi che in questi anni sono entrati in possesso di Milan ed Inter. 

In questa fase i formalismi sono sempre importantissimi – il diavolo è nei dettagli – ma l’accordo di massima con lo studio legale, rappresentante del gruppo acquirente, è raggiunto ormai da tempo così come la road map, il percorso che dovrebbe portare al perfezionamento della cessione. L’intento di Patrignani e soci è di chiudere un primo accordo entro il mese di agosto: il Cesena riceverebbe una robusta iniezione di liquidità (circa un milione di euro) che gli consentirebbe di fare il salto di qualità nella sessione estiva del mercato. Si procederebbe quindi con la gestione paritetica dei soci (compreso quello nuovo) almeno fino a dicembre, ovvero in tempo per depositare il vecchio bilancio (si stanno ancora aspettando i ristori del Corona ma il governo Draghi si sta dimostrando ancora una volta quantomeno poco serio su questo tema, con tanti annunci e pochi fatti) e in tempo per completare una due diligence più approfondita. In questo modo il bilancio verrebbe di fatto approvato ancora dall’attuale organismo amministrativo e, dal giorno seguente l’arrivo del documento in Camera di Commercio, potrebbe completarsi la rivoluzione anche a livello di guida societaria.

Ma come si è arrivati a tutto questo, ovvero alla necessità di passare la mano in tempi brevi? La risposta è semplice: i cosiddetti grandi nomi del territorio cesenate, soprattutto quelli che in questi anni hanno ricevuto davvero tanto dalla politica, nel momento del bisogno si sono tirati indietro. Eppure non è sempre andata così: in passato quando si manifestò la necessità di aiutare il Cesena ad iscriversi in serie A, il pool di aziende locali rispose presente e contribuì alle operazioni finanziarie bianconere, ma a dieci anni di distanza qualcosa è cambiato. La condizione per continuare con un Cesena in mano ai cesenati era di poter mettere sul piatto almeno un altro milione di euro per far fronte alle maggiori spese per tentare l’assalto alla serie B. Esatto, l’idea è che già nel corso di questa stagione si possa allestire una rosa in grado di lottare per la promozione.

I tanti “piccoli soci” sono già al limite dello sforzo economico sopportabile: sono da ringraziare – ora e sempre – per aver contribuito alla rinascita del calcio in città, ma non sono loro a poter garantire il salto di qualità. Orogel è già impegnata su tantissimi fronti, in maniera diretta e indiretta, anche tramite pubblicità e sostegno al settore giovanile. E gli altri? L’unica azienda ad aver risposto all’appello dei soci – anche il sindaco Lattuca si è mosso in prima persona – è stata PLT, sponsor principale del Cesena, dimostratasi concretamente pronta a partecipare ad un progetto più ambizioso. Progetto che però non ci sarà mai: senza ulteriori aiuti non si sarebbe andati da nessuna parte. 

Sia chiaro: non esistono benefattori, almeno non nel 2021, non in questo calcio. Però il fallimento della politica in questo caso è evidente: aver concesso tutto e di più ai grandi gruppi cittadini e non aver richiesto nemmeno un contributo in ritorno – stiamo parlando di una squadra che può portare 10mila persone allo stadio e muovere sostanzialmente l’economia cittadina – è stato un grave errore e come tale va riconosciuto. In questo modo si cancellano persino gli sforzi di tre anni fa, quando l’allora Amministrazione comunale si oppose allo sbarco in città degli irricevibili Ferrero o De Laurentis: ora il salto nel buio rischia di essere anche peggiore. Ma la responsabilità, e l’anatema dei tifosi, nel malaugurato caso in cui qualcosa vada storto, non sarà mai di chi ha provato ad aiutare e di chi si è speso in prima persona in questa rinascita: saranno sempre e soltanto di chi si è tirato indietro nel momento del bisogno.