Caturano: “L’anno scorso ho pensato di dire basta. Essere il capitano del Cesena è bellissimo, le critiche non mi toccano”

Torna la rubrica che tutti voi stavate aspettando. Torna Giacomo Giunchi ad addentrarsi nello spogliatoio bianconero e a svelarvi tutti i segreti dei calciatori del Cavalluccio.
21.10.2021 19:15 di  Giacomo Giunchi   vedi letture
Caturano: “L’anno scorso ho pensato di dire basta. Essere il capitano del Cesena è bellissimo, le critiche non mi toccano”
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© foto di Francesco Di Leonforte/TuttoCesena.it

Anche in questa stagione tornano le interviste all’interno dello spogliatoio del Cesena FC. Oggi è la volta proprio del capitano della squadra bianconera, Salvatore Caturano, che ai nostri microfoni ha rilasciato un’intervista colma di spunti interessanti…

Caturano, partiamo dagli albori. Il 13 maggio del 2007 lei esordì in Serie A, a soli 16 anni, in quell’Empoli da record che si qualificò ai preliminari di Europa League. Cosa le è passato per la testa in quel momento?
“In quel momento facevo riscaldamento e intanto mi guardavo intorno e vedevo il pubblico delle grandi occasioni, era il derby Siena-Empoli. Non avevo ancora realizzato il debutto, avevo la tensione a tremila. Quando Gigi Cagni mi chiamò per entrare iniziò il tremolio di gambe, ma una volta entrato in campo poi è passato tutto. È stata una grandissima esperienza e un ricordo che rimarrà per sempre dentro di me. Ero un ragazzino”.

Successivamente, nel giro di pochi anni a inizio carriera ha spesso cambiato squadra. Pensa che questo possa aver influito negativamente sulla sua crescita?
“Con l’esperienza ti dico di sì, perché comunque spostarsi ogni sei mesi è stato difficile. Io ero il classico giovane che voleva sempre giocare, ero un po’ uno scugnizzo. Non andavo d’accordo con gli allenatori perché avevo le mie idee, ma sono errori di gioventù. Oggi a 31 anni ti dico che magari tutti quegli sbagli che ho fatto non gli rifarei. È stato un inizio carriera tribolato. Se ogni sei mesi cambi squadra significa che non hai qualità per rimanere in una squadra e io ce le avevo, oppure che hai una testa matta, che ti penalizza sotto questo punto di vista, ed era proprio il mio caso”.

Si è sentito ferito dal fatto che l’Empoli la girasse sempre in prestito senza puntare forte su di lei?
“L’Empoli ha creduto in me, perché io comunque avendo un carattere particolare volevo giocare. A 16 anni mi lamentavo perché ero in panchina all’Olimpico a Roma e non mi facevano giocare. Avevo queste idee qua che mi hanno penalizzato. L’Empoli per me è stata una seconda famiglia, perché mi ha trattato in tutto e per tutto molto bene. È stato un po’ il mio carattere a rovinare il mio percorso”.

Passando al Melfi, li fece la sua prima stagione di Serie C ad altissimi livelli. Cosa funzionò di particolare in quella squadra?
“Quell’anno lì mi scattò qualcosa in testa che mi responsabilizzò molto: la perdita di mio padre. Per me era l’ultima chance per rimanere a buoni livelli e l’ho sfruttata al massimo. Avevo tanta rabbia dentro e voglia di dimostrare alla persona che amo di più al mondo di poterci stare a questi livelli; lui ha sempre creduto in me e dovevo ripagarlo in qualche modo. Melfi fu il mio trampolino di lancio per fare bene e dimostrare il mio valore”.

In seguito lei provò nuovamente a tentare il salto di categoria, in Serie B con l’Ascoli, anche se non andò molto bene. Subito dopo in C col Lecce però è tornato subito su grandi livelli, dimostrando grande forza mentale.
“Sì, esatto. Dopo Melfi sono andato al Bari e ho fatto tutto il ritiro con loro, poi l’ultimo giorno di mercato sono andato all’Ascoli. Lì c’erano tanti attaccanti forti come Petagna, Perez e Cacia; non gli ultimi arrivati. Ho trovato poco spazio e quando ho avuto la possibilità di giocare ho fatto gol. Poi però ci furono i soliti problemini con l’allenatore che la pensava diversamente da me. Successivamente a gennaio arrivò l’occasione di andare al Lecce, club nel quale andai i primi sei mesi in prestito, per poi essere comprato in estate. Lì ho fatto due anni meravigliosi”.

Dalle parti di Lecce dicono che non l’hanno mai dimenticata. Lei ricambia?
“Sì, Lecce è stata un’occasione importante per me che ho cercato di sfruttare al massimo. È normale che quando un attaccante fa gol entra nei cuori della gente. È una piazza molto esigente, Lecce era da sei anni nel polverone della C. Noi siamo riusciti con una grande squadra a fare il salto di qualità; questo i tifosi del Lecce se lo ricordano; ciò mi fa enormemente piacere”.

Passando all’ultima tappa prima del Cesena, nella stagione 18/19 ottenne la promozione in Serie B con la Virtus Entella in una stagione da protagonista. Cosa non funzionò l’anno successivo? Pensava che quella sarebbe potuta essere la sua grande occasione meritata in Serie B?
“Esatto, ti racconto un aneddoto. Ricordo la penultima partita, Juventus Under23-Entella, nella quale ci giocavamo il primato. Prima del match mi fermarono il presidente e il direttore che mi dissero: ‘Sasà cerca di far portare alla squadra i tre punti in casa, perché nell’ultima giornata non sarà facile, il Piacenza ha il dente avvelenato e ci sta addosso’. Quelle parole lì mi diedero la certezza dentro di me che in caso di conquista della Serie B, sarei rimasto da protagonista anche l’anno dopo. Feci la mia partita, riuscendo anche a segnare, e andammo in B. Poi però cambiarono le carte in tavola: i primi due mesi di campionato io e anche Ardizzone siamo stati messi fuori rosa. Siamo stati un po’ traditi dalle scelte che sembravano già fatte l’anno prima. Abbiamo fatto una partita a testa io e Ciccio, ma siamo rimasti professionisti dall’inizio alla fine. A gennaio poi ci fu il trasferimento al Cesena”.

Nel calcio moderno la riconoscenza è una cosa ormai di altri tempi…
“Sì, esatto”.

Passando al Cesena, il suo impatto con il Cavalluccio fu positivo, perché segnò 3 gol in 5 partite, poi però arrivò il Covid. Questa pandemia gliel’ha un po’ cambiata la vita dentro e fuori dal campo?
“Decisamente sì. Ricordo che arrivai di giovedì e che prima ci fu il turno infrasettimanale Cesena-Carpi 0-1. La domenica andammo subito a Trieste, dove subimmo una sconfitta significativa. Al di là del mio gol su rigore ci fu poi l’esonero di Modesto. Dopo stava proseguendo bene, perché feci altre due reti a Imola e il cambio di allenatore ci diede una spinta in più. Poi però ci fu la pandemia, che ha sconvolto un po’ tutti, anche il mondo del calcio. L’anno scorso abbiamo vissuto un campionato improponibile. Giocare con zero tifosi fu una grossa penalizzazione; è stata un’annata pazzesca sotto ogni aspetto”.

La scorsa stagione lei è stato promosso dal mister come capitano della squadra. Che rapporto ha con il Viali allenatore e persona? Per lei è stato importante avere un mister come lui qui a Cesena?
“Assolutamente. Quando mi hanno consegnato la fascia da capitano è stata una decisione di allenatore, direttore e società. Con il mister ho un rapporto vero e d’amicizia. In estate ci siamo visti al mare, dove lui con il suo solito fare ha tirato fuori foglio e penna, programmando già le strategie in vista della prossima stagione. Noi condividiamo tutto, sia oggi che le cose vanno bene, sia nei momenti di difficoltà; ci confrontiamo tanto. Il rapporto con Viali mi ha cambiato anche come uomo; questo senso di responsabilità oggi ha raggiunto questa maturità anche grazie alla responsabilità datami da lui”.

La scorsa annata è stata per lei molto complicata sotto l’aspetto degli infortuni. Cos’ha provato in quei momenti bui? Ha avuto il timore di dover dire “basta”?
“Veramente una botta tremenda! All’inizio sembrava un infortunio normale, ma quando poi sono andato a fare gli esami che hanno evidenziato uno strappo muscolare al bicipite femorale. Oltretutto, dopo due mesi e mezzo, quando stavo per rientrare, mi sono rifatto male nello stesso punto. Lì ho pensato: ‘Voglio mollare’. È stato quasi come rompersi un ginocchio o un crociato, perché sono stato quasi cinque mesi fuori. È stata veramente un’annata difficile per me, dove se non sei pronto mentalmente a rialzarti e ripartire rischi di mollare e buttare tutto all’aria. Però grazie ai compagni di squadra, allo staff e allo stesso Viali, che mi sono stati molto vicini, sono riuscito comunque a tornare sui binari e ripartire”.

Mi viene alla mente la situazione di Maddaloni. Cosa ha detto a Rosario in questi momenti difficili?
“Quando si è rotto di nuovo il crociato ogni parola era superflua, non si riusciva mai a trovare le parole giuste. Però lui è un ragazzo giovane e intelligente. Ha tantissima voglia di ripartire. Noi ci sentiamo molto spesso durante il giorno e caratterialmente è veramente un leone. In confronto il mio infortunio è niente. Credo che tornerà più forte di prima; è una persona dal carattere fortissimo”.

Passando al finale della scorsa stagione, l’uscita di scena col Matelica è stato il più grande dramma sportivo che ha vissuto sulla sua pelle? Cosa ha detto ai ragazzi nello spogliatoio al termine della gara?
“È stato veramente un dramma sportivo. Psicologicamente l’abbiamo subito in tanti. È stata una sconfitta così rocambolesca e inaspettata che ci ha lasciato il segno. Rimontare una partita da 0-2 a 2-2 in dieci minuti e buttarla via a otto secondi dal termine ha fatto veramente male. Alla fine della gara abbiamo parlato io, il mister, Nardi e Ardizzone, dicendo che la sconfitta fa male, ma anche che avevamo dato tutto per questa maglia e questa società, ed era questo il nostro obiettivo, dicendo che ci avremo riprovato l’anno successivo. Poi ci siamo fatti un applauso, ma comunque per qualche giorno non abbiamo dormito. Sembravamo quasi delle mummie, superare tutto questo è complicato. Però il tempo ci ripaga e ci siamo presi una grande rivincita in questa stagione vincendo qui in casa in campionato”.

Tornando alla partita contro il Pontedera, cos’è successo nel secondo tempo a suo parere? Cosa manca a questo Cesena per essere a tutti gli effetti una big?
“Diciamo che è un problema che noi abbiamo analizzato e che dobbiamo risolvere il prima possibile, perché anche nelle partite precedenti, come a Pesaro, nel secondo tempo è subentrato quel timore di andare a raddoppiare la partita e chiuderla. Giocare con il Cesena non è facile, lo sappiamo tutti. Da una squadra giovane ce lo si può aspettare questo timore. Stiamo lavorando per limare quelle defezioni che si vedono soprattutto nel secondo tempo. Io ho sempre ribadito il fatto che Viali ci trasmette una mentalità vincente, perché lui stesso è un vincente, e nonostante le difficoltà incontrate anche col Pontedera abbiamo comunque portato i tre punti a casa, e questo è importante. Dobbiamo migliorare, soffrire 10 minuti invece di 45 sarebbe già diverso”.

Lei è entrato in un momento delicato, non era facile là davanti…
“Il mister quando mi ha chiamato mi ha detto di cercare di tener palla e di fare la guerra, era quello che si doveva fare. La partita si era messa nel verso sbagliato e ognuno doveva fare qualcosina per dare una mano alla squadra”.

Qui a Cesena obiettivamente non sono mancate le critiche nei suoi confronti. Lei come reagisce a queste critiche?
“Credo di essere il giocatore del Cesena più criticato degli ultimi 4-5 anni (ride, ndr), però non mi tocca più di tanto, ovvio che quando entrano sul personale dà fastidio. Diciamo che fa parte del nostro lavoro. Anche a Lecce, quando da inizio campionato a gennaio avevo fatto 12-13 gol, poi per non aver segnato per tre partite sono stato criticato. Questo ti fa capire come alcuni tifosi non capiscano un cazzo. Però sono bravo ad isolarmi da tutto questo, come ho fatto quest’anno, trovando poi tre gol uno dietro l’altro, e lì improvvisamente Caturano è tornato fondamentale e forte”.

Se fossi io un calciatore, l’ultima cosa che farei sarebbe leggere certi commenti su Facebook…
“A volte mi capita che alcuni amici mi mandino simpaticamente gli screenshot di alcuni commenti per scherzare. Però non è un problema, può succedere di riceverli”.

Quanto è importante secondo lei l’aspetto mentale sul campo di gioco?
“Secondo me è fondamentale più di ogni altra cosa, perché poi non bastano solo le gambe anche se sei forte. Io quando parlo con i giovani gli dico sempre di usare la testa, perché è quella che ti fa fare il salto di qualità, è il 90% di un giocatore”.

Parlando già della prossima sfida, come vedete la partita contro il Teramo?
“Secondo me la partita col Teramo è la più dura che in questo momento ci potesse capitare. Andiamo in casa di una piazza esigente, non come Cesena ovvio, ma la tifoseria è molto calorosa. Inoltre andremo a giocare su un campo sintetico, e noi non siamo abituati, sarà una difficoltà in più. Però stiamo preparando molto bene la partita. Ora abbiamo tutto da perdere e siamo etichettati come la grande squadra che punterà a vincere un campionato, ma noi sappiamo che dobbiamo pensare partita dopo partita e non a quello che succederà. Questo match andrà preparato più mentalmente che tatticamente”.

Lei è nativo di Scampia. Crescere in un quartiere così pieno di difficoltà l’ha aiutata a fortificarsi?
“Sì, assolutamente. Crescere lì ti insegna tante cose; ti insegna la strada. Già dall’età di 7 anni scendevo nel quartiere a fare partitelle tra amici, e i casini li vedevi e li sentivi. La mia famiglia è stata brava ad isolarmi da tutto questo e a lasciarmi partire ad appena 13 anni, da solo con un treno verso Empoli. L’obiettivo loro era quello di portarmi via da quel posto e farmi realizzare il mio sogno di diventare un calciatore”.

Quale episodio ti ha chiamato maggiormente in causa da capitano qui a Cesena?
“Diciamo l’anno scorso quando il mister ha riunito tutta la squadra e ha comunicato la mia candidatura da capitano. Quello è stato il momento chiave dove è scattato qualcosa nella mia testa, che mi ha responsabilizzato ancora di più. Essere il capitano del Cesena non è facile ma è la cosa più bella che mi potesse capitare”.

Il suo idolo è Ronaldo il Fenomeno. Quale attaccante ancora in attività invece ritiene essere superiore a tutti?
“A me piace molto Karim Benzema. Lui non è una classica prima punta; svaria per tutto il campo, è tecnico, veloce, possente. Lo seguo molto”.

Nello spogliatoio sta iniziando a maturarvi in testa, facendo i dovuti scongiuri, che quest’anno potrebbe accadere qualcosa di eccezionale?
“Noi guardiamo poco la classifica e non ne parliamo, però ci pensiamo. Se ti dicessi il contrario sarei un bugiardo. Nella mia testa l’obiettivo è quello, ma non lo vado a dire, anche perché essendo napoletano sono molto scaramantico, però nello spogliatoio si respira un’aria positiva. Quando poi ci avvicineremo ad aprile potremo iniziare a crederci, ora ci limitiamo a pensarci”.