Il CesenA di Igor e del Bisolone

Seimila cuori bianconeri a caccia di un sogno. Seimila cuori bianconeri a caccia dell’impresa. Un’impresa che, al Cavalluccio, mancava da quasi ventitré anni. Ecco sì, da ventitré anni. Ovvero da quell’iconico 2-1 di San Benedetto del Tronto firmato da quel mitico tuffo di testa di Cuttone. Faceva caldo, quella famosa domenica di fine maggio dell’anno del Signore duemiladieci. Quella famosa domenica al gusto di speranza, di passione, di sudore. Era l’ultima giornata del campionato cadetto. E di fronte, nel forno del Garilli, c’erano il Piacenza guidato dal futuro allenatore bianconero Ficcadenti e il Cesena allenato dal tarantolatissimo Bisoli. Gli emiliani erano già tranquillamente in salvo, con la testa già abbondantemente sotto l’ombrellone. I romagnoli, invece, erano ancora in piena bagarre. A caccia della promozione diretta. Terzi in classifica. In piena striscia positiva (poker di hurrà raccolto con Frosinone, Padova, Lecce e Modena). E con un punto da recuperare nei confronti del Brescia di Iachini, secondo in graduatoria e di scena a Padova. Quel famoso 30 maggio, come da – ehm ehm – copione, Antonioli & Friends dopo una gara al cloroformio riuscirono a portarsi a casa l’intera posta in palio. Grazie a un gol realizzato da Parolo al quarto minuto della ripresa. La vera sorpresona, invece, arrivò da Padova: il Brescia, infatti, contro ogni pronostico cadde inopinatamente all’Euganeo per 2-1. Lasciando via libera alla gioia di tutta la Romagna bianconera. Una gioia che (a scoppio ritardato, soltanto dopo il triplice fischio finale di Padova-Brescia…) scoppiò fragorosa al Garilli, sotto la curva occupata dai tifosi bianconeri. E, contemporaneamente, in tutta la Romagna che vive quotidianamente a pane e Cavalluccio. Una Romagna che, a quindici anni di distanza da quella dolcissima domenica di fine maggio al sapore (anche) di Volta e di Giaccherini, si commuove ancora a ripensare a quel Cesena da Libro Cuore ‘targato’ Igor Campedelli. A quello splendido gruppo ‘bisolizzato’ che, contro tutti e contro tutto, riuscì a regalarsi quell’impresA da urlo. Quell’impresA indimenticabile. Quell’impresA che, in tantissime case di tifosi bianconeri, è ancora testimoniata da quei famosi cappelli di paglia (portafortuna) griffati Curva Mare. Cappelli che sono diventati un pezzo di Storia. Cappelli che sono diventati un cimelio da custodire gelosamente come una reliquia santa. Ecco sì, come una reliquia santa. Sembra ieri. Sì, sembra ieri. Ed invece – nostalgia, nostalgia canaglia – sono già passati quindici anni. Cazzo, quindici anni. Cazzo, quasi 5500 giorni. Come passa il tempo…
E tutto era più bello
O ci sembrava a noi
Ma come passa il tempo dai vent’anni in poi…