Un anno per diventare romagnolo. Silvestri: “Questa città merita altri palcoscenici e vogliamo che li raggiunga”
Non è solo un baluardo della difesa meno battuta e più prolifica del campionato ma è uno dei simboli di questa squadra da record: Luigi Silvestri da Palermo il bianconero se l’è cucito addosso. Arrivato in riva al Savio lo scorso anno si è guadagnato stima e affetto del pubblico romagnolo con prestazioni sempre al top e con quel sorriso rassicurante di chi sa quale sia l’obiettivo da raggiungere. Con lui ci avviciniamo al match di domenica contro il Pineto.
Partiamo subito da una domanda curiosa, nelle ultime partite l’abbiamo vista indossare una mascherina che sta già entrando nell’immaginario del tifoso bianconero. Non è che Silvestri ci diventa in pianta stabile l’uomo mascherato in salsa romagnola?
“(Ride, ndr) No, non credo proprio che non la userò più e già con il Sestri dopo 15’ l’ho lanciata via. Dopo la partita con il Rimini mi son beccato una gomitata in allenamento con frattura composta del setto nasale e prescrizione di tenere la mascherina per un mesetto. Nel quarto d’ora con l’Arezzo l’ho tenuta ma era passato poco tempo dall’infortunio, lunedì al 2-1 di Kargbo l’ho tolta perché mi dava fastidio, il dolore lo senti ugualmente e mi sono detto ‘preferisco rischiare’. Anzi, consapevole di dover difendere il vantaggio e di essere uno che non si tira indietro, questa cosa mi ha anche un pochino galvanizzato”.
Ha vestito questa maglia per 45 volte in una stagione e mezzo mettendo a segno 7 reti di cui 3 quest’anno. Numeri importanti per un difensore.
“Partiamo da un presupposto, a me i gol piace non subirli, farli è più che altro un bellissimo sfizio. Devo dire che le qualità in zona offensiva le ho sempre avute, ma come ho sempre evidenziato sono arrivato a Cesena nel momento giusto della mia carriera e lo sto vedendo anche a livello di gol perché non avevo mai segnato con questa costanza”.
Eppure, a voler esser pignoli, da qualche giornata stiamo raccogliendo qualcosa di meno dai calci piazzati…
“Se avessimo continuato così io, e i ragazzi della difesa saremmo alle spalle del Joker Corazza e di Cristian Shpendi (ride, ndr). Tornando seri, in effetti è vero che da qualche settimana i numeri dei gol su palla inattiva sono calati, forse ci manca un po’ di cattiveria e magari ci hanno studiato. Dobbiamo migliorare ancora, non dobbiamo mai accontentarci. E poi, manca ancora il gol di mio cugino Prestia, ma gli ho detto da inizio anno che il suo sarà il quello più importante della stagione, ne sono certo”.
A proposito di questo, la difesa del Cesena è una questione di famiglia. Con lei c’è suo cugino Prestia e poi, a dir la verità ci sarebbe anche suo fratello Amedeo che quest’anno si è diviso tra Barletta e Andria.
“(Sorride, ndr) Mio fratello ha giocato prevalentemente in D ma vi posso assicurare che non sfigurerebbe in un gruppo come questo dove tutto gira a meraviglia: si troverebbe sicuramente a suo agio. Con mio cugino Giuseppe poi, ci conosciamo a memoria. Abbiamo fatto le giovanili insieme, lui sa quando io posso sbagliare e viceversa, ci fidiamo tanto l’uno dell’altro. Poi alla fine se ci pensate, davvero resta tutto in famiglia: quando vinciamo siamo tutti felici, quando perdiamo siamo tristi perché condividiamo la delusione. Forse sarà per questo che Peppe si è arrabbiato per la mia squalifica ad Olbia, lì non c’ero e a perdere è stato solo lui (ride, ndr)”.
Torniamo in carreggiata e analizziamo qualche dolce numero. Miglior attacco e miglior difesa del campionato, imbattibilità che dura da 26 giornate: da dove nasce questo Cesena rullo compressore?
“Nasce dalla delusione dello scorso anno. Siamo usciti in malo modo contro il Lecco e prima ancora siamo arrivati a -2 dalla Reggiana pur avendo miglior attacco e miglior difesa. Questo Cesena nasce anche dall’amore di un popolo che sta soffrendo negli anni per la permanenza in una categoria che non gli appartiene, ci stiamo immedesimando in questo stato d’animo. Sapevamo sin dall’inizio che questa poteva essere l’annata giusta e tutti, dal primo all’ultimo, stiamo dando il contributo necessario per centrare un obiettivo che si ottiene solo con consapevolezza, fame e umiltà”.
Quando avete cominciato a capire che questa squadra ha qualcosa di più dal punto di vista caratteriale rispetto a quella dello scorso anno?
“Ci sono tre momenti. La prestazione in Coppa Italia contro il Bologna mi ha fatto comprendere che ci saremmo potuti togliere soddisfazioni. Poi, il passo falso di Olbia ci ha fatto capire che questo campionato sarebbe stato diverso e che senza la cattiveria e la testa giusta nessuno ci avrebbe regalato niente. L’essere il Cesena e avere la base dello scorso anno senza metterci i giusti requisiti di carattere non ci avrebbero portato a nulla. Infine, a Gubbio è emerso il valore di una squadra che sa soffrire ed è riuscita a pedalare per portar via un risultato positivo da una situazione difficilissima”.
Dodici punti di vantaggio a undici gare dalla fine del campionato, come si tiene alta la tensione con un margine così ampio?
“Su questo aspetto il mister ci aiuta tantissimo a restare sempre sul pezzo. Noi abbiamo l’obiettivo di essere una macchina da guerra e questo lo dico da inizio stagione. Sappiamo di avere un bel vantaggio ma non è finito nulla. Lo scorso anno la Reggiana ha rischiato di non vincere pur avendo dieci punti di vantaggio, ci sono ancora tante partite da giocare e può accadere di tutto. Sappiamo di dover stare attenti, non bisogna accontentarsi mai”.
Con il Pineto sarà proprio una di quelle gare nella quale sarà vietato calare di intensità.
“Il Pineto all’andata ci ha bloccato, in quella occasione abbiamo fatto una prestazione non da Cesena. Non dobbiamo sottovalutare questa partita così come non lo abbiamo fatto contro il Sestri. Sono squadre che hanno bisogno di punti e hanno fame, dobbiamo rispondere colpo su colpo”.
Ripercorrendo quanto vissuto fin qui, tra le scene più iconiche ci sono sicuramente gli abbracci con la curva Mare fuori dal Manuzzi nelle giornate di squalifica. Lei è stato tra i trascinatori del gruppo in quella circostanza.
“Non sono più un giovane, ho un carattere forte e mi sono assunto così come gli altri la responsabilità di lanciare un messaggio importante. I nostri tifosi sono sempre stati ovunque e quelle partite, come anche quella di Recanati, le abbiamo giocate per loro una volta di più. Sono segnali di unione, questa città merita altri palcoscenici e noi vogliamo che li raggiunga. Quell’abbraccio è stata una cosa bella, non sono cose che accadono tutti i giorni”.
Quegli episodi ci fanno venire in mente ciò che lei è diventato. Ci conceda una digressione simpatica: Silvestri è palermitano doc, ma quel sorriso stampato sul viso e quel capello lungo la caratterizzano quasi come se fosse uno di quei bagnini romagnoli doc che sono entrati nell’immaginario dell’intero Paese.
“(Ride, ndr) Non sei il primo a dirmelo, sai? Io sono un palermitano doc, la mia famiglia è rosanero nel sangue e questo non lo cambierò mai. Allo stesso tempo posso dirvi però che sin dal primo giorno qui a Cesena mi hanno fatto sentire a casa, è stata una simpatia a prima vista. Ovunque vado mi faccio voler bene, in passato mi hanno anche detto che potrei fare il sindaco (ride ancora, ndr). A parte tutto, questo calore per me e per noi tutti è davvero fondamentale”.
Infine, che augurio fa al Cesena e a lei che sta vivendo anche un momento particolarmente bello della sua vita?
“L’augurio è di realizzare quello che vogliamo tutti: andar via da questa categoria. Questo per me è un anno particolare, a giugno diventerò papà e ho sempre immaginato che quando sarebbe arrivato quel momento avrebbe dovuto coincidere con la vittoria di un campionato. Con la mia compagna ho sempre condiviso la volontà di assistere al parto e la nascita di mio figlio a giugno non può essere una coincidenza: perché a giugno, sarò libero no? Lo saremo tutti”.