Saudade Zecca: "Che errore lasciare Cesena. In quarantena guardavo i video della Curva Mare"

23.04.2021 09:08 di  Giacomo Giunchi   vedi letture
Saudade Zecca: "Che errore lasciare Cesena. In quarantena guardavo i video della Curva Mare"
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© foto di Francesco Di Leonforte/TuttoCesena.it

A parlare ai microfoni di Tuttocesena ecco l’emiliano classe ’97 Giacomo Zecca, fulminea ala destra del Cesena FC a quota 2 gol e 4 assist in stagione. Rientrato da poco tempo da un infortunio e attualmente alla sua seconda annata al Cavalluccio finalmente sembra essere riuscito a ritagliarsi il proprio spazio da protagonista. Nell’intervista si è parlato del rapporto con Modesto e Viali, dell’addio a gennaio dello scorso anno al Cesena, di Kakà, del progetto oramai naufragato della Superlega, di tortellini versus cappelletti, e di molto altro ancora…

Zecca, partiamo dagli inizi. Che ricordi ha della sua prima esperienza in Primavera, al Parma? “A Parma come allenatore avevo Crespo, non proprio l’ultimo arrivato. Essendo entrambi attaccanti mi diede una grossa mano. Da lì iniziò la mia carriera; mi sono sentito per la prima volta in un ambiente importante, anche se il Parma comunque era sull’orlo del fallimento. Dopo il fallimento del Parma, sono andato al Sassuolo come molti miei compagni di squadra e dove fatto due bei anni di Primavera, segnando 25 gol. L'allenatore Mandelli, anche lui bravissimo”.

In questi due anni al Sassuolo aveva appunto ottime medie realizzative; per lei fu indubbiamente una tappa importante per crescere... “Sicuramente sì, anche perché in quei due anni avevamo una squadra veramente forte. Se penso agli undici titolari ricordo giocatori come Scamacca del Genoa, Marin del Pisa, Ravanelli della Cremonese… Eravamo una squadra piena di talenti. In quattro-cinque eravamo nel giro della prima squadra, dove c’era Di Francesco; anche lui è un maestro, anche se negli ultimi due anni non ha fatto al meglio”.

Il 25 agosto 2017, in Cremonese-Parma, si aspettava di esordire in Serie B? “Dopo i due anni di Primavera fatti bene andai alla Cremonese, e come allenatore c’era Tesser. Mi era stato detto che lui con i giovani non andassero proprio a nozze, però vedevo che in squadra c’era anche Castrovilli e lui giocava. Abbiamo fatto il ritiro insieme, poi successivamente nelle due partite di Coppa Italia contro Virtus Entella e Bari mi aspettavo almeno di entrare a partita in corso, cosa che non avvenne. In campionato ci fu la prima partita e neanche lì entrai, neanche sullo svantaggio. Negli ultimi giorni di mercato poi comprarono altri due attaccanti e al che mi sono detto: “Cosa ci faccio qua?” Così ho preferito scendere di categoria per giocare con regolarità. Quindi sì, sicuramente mi aspettavo di scendere in campo, per me fu un grande dispiacere”.

Che emozione, fu per lei, esordire tra i professionisti con la maglia della propria città, il Piacenza, anche se non fu una stagione proprio al top? “È stato molto emozionante; peccato perché all’esordio abbiamo perso contro il Cuneo. Quella è stata un’annata per il Piacenza in generale un po’ travagliata. Comunque io sono sempre andato a vedere il Piacenza, dato che sono sempre stato un tifoso della squadra. Però il campo è un’altra cosa; quell’anno ho fatto 1 gol in 18 presenze. Non dico di aver fatto tanto meglio negli anni successivi, però comunque non ho giocato molto. Ma l’aria che respiravo quando entravo allo stadio era l’aria di casa”.

L’anno successivo a Teramo giocò molto da prima punta: in quel ruolo come si trovava, e come si trova attualmente? “A Teramo lo facevo perché l’allenatore giocava col 3-5-2. In più, essendo una squadra fatta per salvarsi usava quinti di centrocampo difensivi. Spesso il mister metteva me e Terracino là davanti, e io mi ritrovavo spesso a fare la punta. Però giocare con le spalle alla porta non mi piace tanto. Quell’anno non facemmo un brutto campionato, anzi, rischiammo pure di andare ai playoff. Feci una tripletta in Coppa Italia contro la Samb, ma per il resto sotto l’aspetto realizzativo non andò benissimo. Ma anche lì per me fu un modo per crescere”.

Successivamente, nell’estate del 2019 arrivò al Cesena. Che emozioni ha provato nel segnare un gol al suo esordio al Manuzzi, con lo stadio, strano ma vero, pieno di tifosi? “Detto sinceramente mi sembrò un sogno, perché vidi lo stadio pieno e dopo 6 minuti segnai. A volte mi capita, per esempio, di sognare di giocare al PSG con lo stadio pieno. Quello per me fu un sogno, perché è una cosa a cui, quando sei un ragazzino, vuoi arrivare”.

Cosa non funzionò il primo anno a Cesena con Modesto? Come mai decise di andarsene nel mercato invernale? “Con Modesto non mi sono mai trovato male; all’inizio mi faceva quasi sempre giocare, ma dopo abbiamo intrapreso un sentiero di brutte partite. Il fatto che Modesto fosse un mister molto sanguigno, e che il suo rapporto con i tifosi non fosse proprio al top, fece risentire la squadra e me in primis. Era la prima volta per me in una situazione del genere. Prima della partita contro il Carpi mi dissero che mi cercavano altre squadre, ma Pelliccioni e Modesto mi dissero che per loro ero incedibile. Però quando il mister fu esonerato, Pelliccioni, non per metterlo in mezzo eh, parlò col mio procuratore e gli disse che non ero più incedibile; quindi, venne messa in discussione la mia posizione. C’era la possibilità di andare a giocare a Padova, e quindi, il giorno prima che arrivò Viali decisi di trasferirmi in prestito con diritto di riscatto. Fu una cosa un po’ fatta all’ultimo”.

In seguito, si è pentito di questa sua scelta? “Dentro di me, mi sono pentito quando sono tornato, dieci giorni dopo, a giocare in casa del Cesena con la maglia del Padova. Quando segnò Borello venne giù lo stadio, e io mi sentii come se avessi perso qualcosa che mi apparteneva. Durante la quarantena spesso finivo su Youtube a guardare video della Curva Mare piena di tifosi, e li ho pensato: Il prossimo anno voglio tornare”.

La scorsa estate tornò a Cesena. Che impressioni le ha dato Viali al suo ritorno in questa piazza? “Il mister ho avuto a mala pena modo di salutarlo a gennaio. Da quando ritornai con lui ho sempre avuto un buon rapporto, era come se non fossi mai andato via”.

Poi pian piano lei è entrato nell’undici titolare… “Chiaro, non avendo lavorato gli scorsi sei mesi con lui, era normale fare spazio a quelli che gli avrebbero dato più certezze, ma una volta entrato nella sua testa e nei suoi piani, praticamente da dicembre in poi ho sempre giocato”.

Noi ci eravamo sentiti nel post-partita di Cesena-Samb, quando da subentrante segnò il gol del 2-1 finale. Ai tempi mi disse che stava lanciando segnali al mister per avere più minutaggio. Ad oggi quei segnali mi pare siano arrivati. “Certamente, dopo quel gol ho quasi sempre giocato da titolare. Essendo andata così, avevamo ragione sia io che Viali, che ha aspettato il momento giusto per credere in me. Il mister ha un grande senso di empatia con i suoi giocatori. Con la Sambenedettese si fece male Russini al primo tempo, e Viali poteva scegliere tra me e Koffi, ma il mister mise dentro me e ripagai la sua scelta”.

Tornando alla partita persa contro l’Imolese della scorsa giornata, cosa ci sa dire dell’episodio del mancato rigore che l’ha coinvolta in prima persona? Pensa che vi abbia condizionato la partita? “Appena sono entrato in gara abbiamo subito gol. Dopo dieci minuti da quel rigore io ricevo palla da Steffè, controllo di petto in area, e col mancino di controbalzo provo a metterla in mezzo. Poi però la tocca con la mano un giocatore dell’Imolese. La palla ha colpito chiaramente il braccio. Ho rivisto le immagini e ho avuto conferma di ciò; era rigore netto. Sicuramente quello ha indirizzato il corso della partita; non mi spiego perché l’arbitro non abbia fischiato rigore”.

Uno dei tanti torti arbitrali subiti in stagione… Veramente un sacco di errori; un arbitro è bravo se incide meno sul risultato di una partita. Meglio stare zitti”.

La sua velocità fulminea ha messo spesso in difficoltà le difese avversarie. Crede che questa sia la sua arma in più rispetto agli altri? “Sì, sicuramente quella è una caratteristica che mi appartiene, però bisogna saperla anche sfruttare e usarla al momento giusto. L’altra mia dote penso che sia il saper scegliere quando attaccare la profondità. Quello che penso nella mia testa è il voler attaccare tutti gli spazi che si creano nel campo”.

In questa stagione ha avuto anche un problema muscolare da cui ne è uscito da poco tempo. Ora si sente in piena forma? “Questo è un problema che mi porto dietro da inizio stagione. È stato un peccato perché ero in un momento in cui sia io che la squadra andavamo forte. La cosa assurda è che stando fuori appena 15 giorni ho perso ben 6 partite. Per dire, se ci fosse stata come in Seria A la pausa nazionali, io non avrei perso una partita. Ogni tre giorni andavo in tribuna a vedere i miei compagni giocare, però adesso mi sto allenando a pieno regime con la squadra; ora sto bene e mi sento pronto”.

L’obiettivo quinto posto è sfumato. Cosa vi siete detti e che aria tirava nello spogliatoio al termine della partita contro l’Imolese? “La sensazione era quella di aver perso un obiettivo che era alla nostra portata. Il mister ha rimarcato il fatto che dobbiamo fare tutti qualcosa in più e che non possiamo limitarci al compitino, un po’ come abbiamo fatto con l’Imolese. Abbiamo sbagliato tanto e creato poco”.

Pensa che questa squadra possa fare bene ai playoff? “Se riusciamo a stare davanti al Matelica, la prima partita dovremmo giocarla in casa, e dopo, come abbiamo dimostrato anche durante la stagione, possiamo fare bene anche in trasferta. Quindi secondo me possiamo giocarcela ai playoff, che era, come ha ribadito il presidente, l’obiettivo a inizio anno, e noi ci siamo arrivati con tre turni d’anticipo nonostante tutti i problemi avuti in stagione. Ai playoff però può succedere di tutto”.

In cosa pensa di avere ancora margini di miglioramento? “Sicuramente devo migliorare sotto il profilo realizzativo, perché anche quest’anno, anche se non ho avuto tante occasioni, potevo farlo qualche gol in più. Nelle azioni clou della partita però riesco comunque ad entrarci. Ad esempio, Giacomo Raspadori, giocatore che io conosco bene, quando il mister gli ha detto di essere più cattivo, nel giro di due partite ha guadagnato un rigore contro la Fiorentina e ha fatto doppietta contro il Milan. Io ho tanto da migliorare anche tecnicamente, anche se non è facile essere efficaci sotto l’aspetto tecnico andando ai mille all’ora”.

A proposito di Milan-Sassuolo: so che lei è un tifoso rossonero. In quella partita per chi ha tifato? “Per il Milan, però ti dico la verità: quando è entrato Raspadori e ho visto che ha segnato due gol, sono stato molto contento per lui, perché lo conosco e so che si merita tutto questo. Però mi è dispiaciuto per il Milan, ma siamo ancora lì, e penso che riusciremo a qualificarci per la prossima Champions League”.

Parlando di attualità, cosa ne pensa di questa idea ormai già naufragata della Superlega? Secondo lei era una rivoluzione che si poteva attuare? “Io penso che nessuno abbia ragione o torto al 100%. Sicuramente nella UEFA una riforma va fatta. Non è giusto né creare un calco d’elitè né per esempio disputare i mondiali in Qatar. A quei livelli girano veramente troppi soldi. Le squadre che avrebbero dovuto partecipare alla Superlega sono sommerse da tantissimi debiti, e quindi era anche per loro un progetto prettamente economico. Bisogna fare un tetto salariale o qualcosa di simile. Resta il fatto che quello che hanno fatto Agnelli e Florentino Perez sia sbagliato, ma la verità sta sempre un po’ nel mezzo…

È felice che le sue magliette siano quelle con le offerte più alte su eBay, per il progetto “pediatria a misura di bambino” a cui ha aderito il Cesena? “Certamente, anche perché con più denaro si raccoglie e con più ne finisce in beneficenza. Ho parlato con i tifosi che conosco bene di Sant’Egidio, dove abitavo lo scorso anno, e mi hanno detto che sono loro che stanno provando ad aggiudicarsi le mie magliette, dato che con essi ho un grandissimo rapporto”.

Tempo fa affermò che i suoi principali idoli sono Drogba e Kakà. Chi dei due preferisce? A chi si ispira maggiormente? “In verità non ho mai avuto un calciatore a cui mi ispirassi. Ultimamente sto guardando spesso le gesta di Rashford e Anthony Martial. Kakà per me è stato un idolo sin da quando ero bambino; è stato colui che mi ha fatto avvicinare al calcio e al Milan, perché lo andavo a vedere allo stadio e mi ricordo benissimo le sue gesta. Comunque, anche Kakà aveva queste mie progressioni palla al piede: poi lui ovviamente, essendo brasiliano, era molto più tecnico ed estroso di me. Quest’anno ho anche avuto la fortuna che è arrivato Di Gennaro, giocatore che con Kakà ha diviso molti momenti, e con lui parlo spesso di quei tempi”.

Zecca, obiettivo futuro al termine della carriera da calciatore? Allenatore, prof di motoria, preparatore atletico o rapper? “Non mi sento di poter fare un giorno l’allenatore. Mi piacerebbe di più, come hai detto, tu fare il preparatore atletico o il professore di motoria, perché insegnare ai ragazzi mi è sempre piaciuto. Il rapper lo faccio goliardicamente con i compagni di squadra, anche se ultimamente faccio molto meno freestyle”.

Fa dei freestyle anche con qualcuno del Cesena? “Nono, qualcuno tipo Bizzini (terzo portiere del Cesena, ndr) ha provato a sfidarmi, ma purtroppo per loro devono ancora imparare”.

Chi sono i suoi principali idoli musicali? “Ascolto principalmente musica rap, come ad esempio Fabri Fibra, Marracash, Gué Pequeno… Diciamo un po’ quelli della vecchia scuola. Non vado matto per artisti come Sfera Ebbasta o Ghali”.

Lei Zecca è emiliano… Preferisce i tortellini o i cappelletti? “Da noi i cappelletti li facciamo sempre in brodo e si chiamano “anolini”. Mentre invece dei tortellini noi facciamo i tortelli con la coda, che sono ripieni di ricotta e spinaci, oppure di zucca. Comunque, la qualità è quella. La pasta fresca col ripieno è devastante”.

In conclusione… Una sua opinione sull’estensione del coprifuoco alle 22 almeno fino al primo di giugno? “Noi giovani, o comunque lavoratori, che stiamo un anno a lavorare sodo, e abbiamo quelle 3-4 settimane di vacanze, almeno vorremmo godercele, rispettando ovviamente le norme anti-Covid. Noi ragazzi facciamo le cose con criterio, non siamo un problema così grande come ce lo stanno facendo pesare. Ma non decidiamo noi e purtroppo dobbiamo stare a quello che decidono al governo”.