Il Cesena non è obbligato a vincere la serie D

... ma questo non vuol dire che ci si debba accontentare di perdere contro la Recanatese
06.11.2018 08:00 di Gian Piero Travini   vedi letture
Il Cesena non è obbligato a vincere la serie D

Il tifo per il Cesena in serie D non cambia rispetto alla C, alla B o alla A. E se il nostro Flavio Bertozzi ieri a TifoCesena! ha ‘lanciato’ Pierpaolo Bisoli come allenatore in serie C, in quella categoria devi riuscire ad arrivarci.
E, a scanso di equivoci: il Cesena non è obbligato a vincere il campionato di serie D.
Il Cesena è obbligato a tornare credibile per trovare chi ha le possibilità per fargli vincere il campionato di serie D. Di serie C. Di serie B.
La devastazione che ha portato l’implosione di AC Cesena spa va oltre la doppia retrocessione e si insinua nel tessuto sociale e finanziario locale ed è quella la prima frattura da ricomporre, non quella del professionismo sul campo. Quella può darsi che salti fuori automaticamente, vedendo il delirio delle Società che stanno per saltare per aria anche in serie C.

L’intervento pesante di Pubblisole, le operazioni di marketing digitale, la ricerca di Blanca Rubio Landart, i diritti televisivi acquistati, il volemosebbene con l’Amministrazione comunale... quello è il Cesena nel Cesena. Che inizia ad avere un senso dal momento che un Veglia e un Samorì – gente con soldi veri (più Samorì) e know-how (più Veglia) – si interessano veramente alla Società. Trovare un big player che abbia bussato alla porta bianconera gli anni di AC Cesena spa sarebbe una vera e propria impresa.
Ma non basta.
Non basta strutturarsi per il professionismo a livello societario.
Non basta gestire da zero una struttura come l’Orogel Stadium Dino Manuzzi senza capitolare.
Non basta ricucire i rapporti con l’imprenditoria locale tra piccola e media. Ah, è ridicolo vedere che qualcuno si permetta di prendere per il culo strutture ‘artigiane’ e tipiche come piccole grandi profumerie cittadine perché contribuiscono a portare avanti la Società, quando per anni è stato accettato barra acclamato uno che insultava chi non gli dava soldi, che suggeriva ad altri come salvare le proprie società sportive o gestirle – Parma e Forlì Basket, a memoria –, che scriveva “Noi cacciatori siamo il vero ultimo baluardo di resistenza alla devastazione umana! L’umanità fa ridere” e ci pubblicava sopra un libro. Libro che, peraltro, se letto con un minimo di discernimento poteva anche dare un paio di indizi sullo stato mentale di chi lo aveva scritto. Ma, no... ora si gioca agli snob e il problema sono le piccole realtà che ci provano... continuando così a dare un senso al fallimento del figlio di Edmeo Lugaresi.
Non basta una Società che fa calcio da poco, spesso improvvisando, ma intanto produce valore in D, numeri e soldi. Negli ultimi 15-20 anni il Cesena ha prodotto solo debiti e, ultimamente, disvalore per il territorio: e non vedere passivi dovrebbe già essere una vittoria per lo sport a Cesena.
Magari non basta. Certo. Di sicuro non basta.
Non basta quando contro la Recanatese non fai un tiro in porta e perdi. In casa. Davanti ad un pubblico incredibile.
E c’è chi il progetto del nuovo Cesena lo digerisce e lo sostiene – la Curva, come da anni non capitava – e altri che non sono convinti. Che vogliono di più. E anche questi altri fanno parte del gioco. Si abbonano. Tifano.
A loro il Cesena contro la Recanatese non basta.
Ed è giusto così.
Non basta. E non deve bastare mai.
Non basta quando il Matelica perde contro la squadra a cui il Cesena ne ha dati 4. Il Matelica che non sapevamo nemmeno dove cazzo fosse – oh, ma dopo averci perso 1-0, va là che abbiamo imparato subito dove stava –, il Matelica capolista, Il Matelica che non ha nemmeno 9.665 abitanti, che ne ha 500 sugli spalti, che te lo sei salvato su Google Maps e che Sky le Stories gliele facevo solo dopo un paio di terremoti.
Insomma, si perde.
Che tu sia il Cesena o che tu sia il Matelica, si perde.
Ma bisogna darsi una regolata e osare di più.
Perché non basta.

Si invoca il mercato invernale come risoluzione a tutti i problemi bianconeri.
Litanie da gente abituata ad un calcio che non c’è, e per un po’ non potrebbe esserci e che se non ci sarà... oh, si continuerà a bere birra nel Panda bar abusivo di Monte San Giusto. O a scrivere Pagellazze™ sul Tabaccaio.
Che poi durante il mercato tutti vogliono dire la loro. Gli equilibri societari sono bilanciati, ma basta un soffio per cadere dal filo sospeso: la Società indirizza, corregge, apre la borsa e dice di quanto la aprirà; il direttore generale riferisce al diesse traducendo il societario in termini calcistici e alla Società traducendo il calcistico in termini societari; poi però è Pelliccioni che sceglie e prende i calciatori. E se non sono ex del Romagna Centro tipo Gabrielli e Croci del Forlì... beh, toccherà farsene una ragione.

Sono sempre due partite.
Una dentro al campo.
Una fuori dal campo.
L’ultima volta che è stata vinta dentro al campo e persa fuori sono stati cancellati 78 anni di storia.
Ma solo per qualche giorno.
E se si lavora per migliorare, vincendo quella fuori dal campo, toccherà farsi star bene anche i 3 punti con la Recanatese.
Ma solo per qualche giorno.