Foschi: “Eravamo i più scarsi dei play-off sulla carta, invece… Ardizzone? Voleva esserci al Manuzzi”

L’allenatore del Lecco Luciano Foschi tra la clamorosa (ma meritata) vittoria dei play-off e l’intrepida attesa della conoscenza del proprio destino…
29.06.2023 07:00 di  Simone Donati   vedi letture
Foschi: “Eravamo i più scarsi dei play-off sulla carta, invece… Ardizzone? Voleva esserci al Manuzzi”
© foto di Il Giorno

Un’intera stagione a pianificare l’assalto alla B e poi, sul più bello, ci si fa gabbare dalla squadra su cui nessuno avrebbe scommesso. Tre settimane sono passate dalla semifinale di ritorno, persa ai rigori contro il Lecco. Inutile nascondere quanto ancora faccia male, ma lo sport è anche questo quindi ora è doveroso rivolgere i meritati complimenti all’artefice del capolavoro che ha riportato il club lariano in cadetteria dopo cinquant’anni. Signori, giù il cappello per Luciano Foschi: l’uomo che ha ‘imbrigliato’ Toscano ed il Cavalluccio…

Mister, il suo Lecco ha coronato un percorso maestoso ai play-off. Qual è stato l’ostacolo più duro e tortuoso da superare?
“La partita più difficile è stata la prima per l’impatto dopo un mese senza partite… in effetti ci siamo complicati la vita, perché eravamo in vantaggio di due reti e abbiamo subito il pareggio in cinque minuti. Dopodiché ci sono state delle evoluzioni e la squadra è cresciuta: dopo l’andata contro il Pordenone eravamo oramai fuori, invece la squadra ha reagito ed è andata là convinta di potergli fare male Dopo quella partita lì eravamo consci del fatto che, contro il Cesena, potevamo perdere in casa e vincere fuori, e così e stato. Ma bisogna essere sinceri: siamo stati fortunati soprattutto nella partita d’andata, perché sono episodi che fungono da segnali”.

E che ci dice della finale contro il Foggia?
“Dopo la partita a Cesena eravamo convintissimi di andare in B. Non perché fossimo più forti del Foggia, ma mentalmente eravamo entrati dentro un circolo vizioso: avevamo una convinzione tale che non importava più quale fosse l’avversario… non è un caso che abbiamo vinto entrambe le partite contro il Foggia. Sul campo abbiamo dimostrato di essere la squadra più brava e non più forte, anzi… forse eravamo i più scarsi di tutte le squadre che hanno partecipato ai play-off, almeno sulla carta. Però i risultati non vengono per caso, anche se un pizzico di fortuna serve sempre”.

Forse l’ostacolo più duro è quello che tutta la Lecco calcistica sta vivendo ora, confinata in un limbo tra la Serie B e la Serie D… come si vive e come si deve reagire a questa situazione di stallo ed incertezza?
“Io faccio l’allenatore: se dobbiamo parlare di 4-4-2 o 3-5-2 posso anche essere preparato. Sul campo noi l’abbiamo vinta e lo sport per me è questo… il resto è politica, cavillo burocratico e chiacchiere che non hanno nulla a che vedere con lo sport. Lo sport quest’anno dice che il Lecco ha vinto, poi quello che succederà nelle sedi opportune non mi riguarda: non è giusto che una squadra che vince i play-off dopo due giorni si ritrovi in queste condizioni, senza che nessuno si preoccupi… sembra quasi che tutti aspettino il momento giusto per darti addosso, invece bisognerebbe che qualcuno aiuti prima queste società a capire come comportarsi, visto che erano cinquant’anni che il Lecco non vedeva la B. Faccio fatica ad interpretare una situazione simile perché non mi compete…ci sono gli organi preposti che valuteranno tutte le cose e mi auguro che tengano conto del fatto che noi sul campo questo campionato l’abbiamo vinto”.

Lei, anche a campionato regolare in corso, sosteneva fortemente di poter vincere il Girone A. C’è stato un momento in cui ha smesso di crederci?
“In quel momento avevamo due partite in casa contro il Pordenone, che era sotto di noi, e la FeralpiSalò, che era quattro punti sopra… vincendo quelle partite, potevamo ambire al primo posto. Siamo arrivati a quel punto del campionato non nelle migliori condizioni e con tanti assenti: abbiamo fatto due 0-0 che ci hanno fatto capire che dovevamo lottare per il miglior piazzamento nei play-off. Quando siamo rimasti a cinque o sei punti dal primo posto a quattro giornate dal termine abbiamo iniziato, anche negli allenamenti, a prepararci per gli spareggi: non è un caso che il Lecco corresse più degli altri”.

In porta il Lecco ha beneficiato delle prestazioni di un ex bianconero, che però non ha mai esordito con la prima squadra, cioè Melgrati. Ad inizio stagione però non era. Qual è il suo più grande pregio?
“Riccardo è un uomo, ma in realtà tutto il gruppo mi ha sempre dimostrato di essere composto da uomini veri. Al di là delle caratteristiche tecniche, che sono evidenti, credo che quest’anno abbia fatto uno dei migliori anni della sua carriera. Ma è la persona ad avermi convinto più di tutte le sue qualità tecniche… io gli ho dato l’opportunità e mi sono fidato dell’uomo, e sono contento di essermi fidato”.

A gennaio, tra le fila nerazzurre, è arrivato Ciccio Ardizzone, dopo sei mesi non proprio brillanti alla Turris. Ha dato quello che si aspettava?
“Sapevamo che Francesco è un giocatore valido ed ha dato il suo contributo, a discapito di qualche problema fisico. Anzi, mi permetto di dire che, a Pordenone, ha preso per mano la squadra e l’ha portata al passaggio del turno con un assist ed un gol. Le gare con il Cesena le sentiva particolarmente, infatti era molto arrabbiato di essere squalificato per la partita di ritorno, forse anche perché voleva rifarsi dell’errore che poi ha portato al primo gol, perdendo palla al limite dell’area di rigore”.

Ed Ilari invece?
“Carlo nel secondo tempo faceva riscaldamento perché voleva entrare, ma aveva un problema al polpaccio che l’ha condizionato molto e non è riuscito a giocare. Ha fatto sette gol con noi, per un centrocampista sono tanta roba… è un ragazzo di poche parole, però in campo lo si nota per la fisicità e la qualità tecnica… è un ragazzo che ha trovato la sua dimensione”.

Nella semifinale di ritorno a Cesena lei ha raggiunto le 400 presenze in carriera da allenatore. Dopo oltre vent’anni cosa dice a sé stesso?
“La vittoria dei play-off è un premio… un premio che non so perché sia arrivato. Forse per tutto quello che ho fatto in questi anni e per quello che ho fatto quest’anno. Però questo premio va condiviso con i miei collaboratori. Coloro che ti aiutano ad oltrepassare quelle problematiche che, se fossero affrontate da sole, non sarebbero superate.
Dopo vent’anni credo che vincere dei play-off come questi e trovarsi in Serie B sia un premio a chi ha sempre lavorato bene, con dedizione, anche nei momenti bui in cui si è stati a casa e si andava a fare aggiornamento andando in giro… io vedevo sempre tre partite ogni fine settimana, non ho mai mollato e mi sono dedicato alla cosa che mi piace fare di più al mondo. Al di là della vittoria o della sconfitta, la passione che metto in quello che faccio è veramente tanta.
Alla fine sono stato premiato sul campo: dico sempre che, prima o poi, il lavoro ti premia e viene fuori il conto da pagare… questa volta il conto che mi è stato portato è piacevole”
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