Alla fine il Cesena ha snobbato Schelotto. E ha fatto bene

Il Galgo español, razza canina del levriero da cui nasce il celebre soprannome di Ezequiel Schelotto, è atletico, tenero, affettuoso e riservato, ma mai invadente. Caratteristiche che potrebbero tranquillamente applicarsi anche al tanto caro sopraccitato esterno italo-argentino, seppur sulla prima e sull’ultima ci sia in realtà non poco da disquisire.
La prestanza fisica e la velocità sono da sempre dei punti di forza del classe ’89, transitato a Cesena dal 2008 al 2011, anni magici nei quali ha ottenuto, più da protagonista che non, una doppia promozione e una mezza (causa il rapporto mai sbocciato con il tanto ingiustamente bistrattato mister Ficcadenti) salvezza nel massimo campionato italiano.
Da quando il Cesena batteva 2-0 il Milan futuro campione d’Italia sono però passati oltre dodici anni (fa male, eh?). Dodici anni nei quali il Galgo ha alternato alti e bassi in diversi club di Serie A, salvo poi finire pian piano in un malvissuto dimenticatoio dopo due esperienze non proprio fortunate tra Portogallo e Inghilterra (intervallate anche da uno sciagurato ritorno al Chievo, ma su questa breve parentesi ci torneremo dopo). E poi? Poi praticamente il nulla più totale per Ezequiel, che dopo essere finito fuori dal progetto del Brighton, ha trascorso tre anni che ben poco hanno avuto di entusiasmante tra Primera Division A e B argentina, collezionando la miseria di 22 presenze totali in campionato.
Su quell’atletismo che appare ormai decisamente appannato (vista la tanta panchina condita anche da un altro crociato rotto e da ben 34 anni sul groppone) ci sono dunque tanti, tantissimi dubbi, al contrario di quanto concerne la sopraccitata invadenza. Un’invadenza che però piace al tifoso che vive di pane e Cavalluccio. Sì, perché Schelotto in questo ultimo anno si è proposto in ogni salsa al Cesena, tempestando quotidianamente di commenti e storie su Instagram qualsiasi tipo di contenuto relativo al Cesena, mostrando un amore che ha riempito di gioia e nostalgia tutti i tifosi del club bianconero.
Ma il Cesena ha detto no al romanticismo, no ad un ritorno che avrebbe fatto tornare indietro con la mente agli anni più magici un’intera piazza, snobbando senza troppi fronzoli la grande iniziativa del Galgo.
E ha fatto bene.
L’italo-argentino dunque ha deciso di virare sul Barletta, modestissimo club salito tra i dilettanti appena lo scorso anno. E già questa destinazione fa riflettere, come ha riflettuto un Cesena che forse un minimo ha appreso qualcosa dagli errori commessi negli ultimi due anni. Non accentrare l’attenzione sul singolo ma sul gruppo, non comprare “figurine” alla Frieser, evitare scomode prime donne e casi mediatici alla Minelli (con tutto ciò che ne ha conseguito).
Non che Schelotto sia una prima donna (anche se questo nelle leghe minori è ancora tutto da provare), ma oggettivamente che contributo avrebbe potuto dare sulla fascia al club romagnolo, in un reparto in cui figura un certo Adamo come titolare? Come dite? Più di Calderoni o di qualche altro bianconero in rosa? Sicuramente, ma la reazione dei tifosi nei confronti di mister Toscano e della dirigenza (visti già in malo modo), che decidono di ingaggiare il tanto caro Schelotto per poi panchinarlo una partita sì e l’altra pure, sarebbe stata inevitabilmente condannatoria.
E dunque, anche e soprattutto per preservarsi, si può dire tranquillamente che il Cesena abbia fatto la scelta giusta, magari anche grazie ad un ripasso sulla carriera del classe ’89, che presenta già uno sciagurato ‘ritorno di fiamma’, al Chievo ad inizio 2019 con tanto di rottura del crociato annessa.
È inevitabile però come i dubbi rimangano fissi nella testa del tifoso bianconero. Schelotto a Cesena MAGARI avrebbe potuto gettare il cuore oltre l’ostacolo e performare come ai tempi d’oro, MAGARI salendo in sella di un Cavalluccio lanciato in piena corsa per il ritorno in B. Un levriero in sella ad un ippocampo, che visione magica… Ma il Cesena, come insegna l’abbronzato CEO di Immobildream Roberto Carlino, mai come quest’anno non ha bisogno di sogni, ma di solide realtà. Se no si fa il botto (dentro e fuori dal campo, già quest’estate abbiamo potuto mal gustare un antipasto di ciò). E dunque un arrivederci e un grazie per l’attaccamento mostrato a Schelotto, che in Romagna sarà comunque sempre uno di casa. Però anche una rapida occhiata alla rosa cari dirigenti, perché se il Galgo non merita una chance pure molti altri bianconeri ancora sotto contratto non sono assolutamente da meno…