LA LAVAGNA - A Novara per il Cesena più tiri e più punizioni che contro il Citta

Ritorna l'appuntamento con la rubrica "La Lavagna" di Bruno Rosati, giunto alla sua seconda uscita.
18.12.2016 09:30 di  Bruno Rosati   vedi letture
Alejandro Rodriguez
Alejandro Rodriguez
© foto di Foto Cesena Calcio

Il Cesena continua puntualmente a mandare all’aria quanto di buono riesce a seminare in casa (o, almeno, è riuscito a seminare nelle ultime settimane). A Novara arriva la prestazione peggiore del Cesena di questa stagione. È quanto dice il risultato, fino ad oggi non aveva ancora perso con due gol di scarto. Difficile parlare di giornata storta quando non si mantiene la porta inviolata in trasferta dallo scorso 9 ottobre: ormai da due anni abbondanti, per i tifosi del Cesena, quando si gioca lontano dalla Romagna, arrivano sistematicamente dolori.

Cosa cambia lontano dal Manuzzi? Cos’è cambiato dalla settimana scorsa? I dati raccontano di un Cesena che è arrivato più volte al tiro rispetto alla partita di sette giorni fa (13 tiri contro il Cittadella, 17 oggi a Novara), ha battuto più calci di punizione (13 fischi a favore contro il Cittadella, 15 oggi) e che ha mantenuto praticamente lo stesso possesso-palla (50% la settimana scorsa, 51% questo pomeriggio). Cosa non ha funzionato? La settimana scorsa, l’allenatore del Cittadella aveva difeso la sua squadra dicendo che solo un errore di un difensore, un episodio isolato, non potremmo pensare che oggi sia accaduta a noi la stessa cosa? Magari la partita è tutta nell’errore di Agazzi sul 2-0 che ha chiuso la gara; del resto fino all’1-0 di Sansone, anche oggi il Cesena era sceso in campo dando l’idea di avere ben chiaro cosa fare, esattamente come la settimana scorsa.

Di buone intenzioni però è lastricata la via dell’inferno e squagliarsi al sole (anzi, nella nebbia) dopo aver preso gol non è tollerabile. Non è tollerabile perché la classifica dice che non possiamo permettercelo. Non è tollerabile perché non è solo un pomeriggio grigio a Novara da archiviare nel dimenticatoio. È una costante. L’anno scorso ci è costato la dilapidazione di un patrimonio immenso che ci costruivamo in casa, quest’anno potrebbe costarci tutto.

L’ultima sconfitta a Novara, fino a poche ore fa, risaliva al penultimo atto di un campionato di Serie A da voltastomaco, 3-0 con tripletta di Marco Rigoni. C’è da chiedersi perché l’anno successivo, un Cesena sulla carta molto più gracile e fragile di questo (che aveva chiuso il girone d’andata con all’incirca gli stessi punti di oggi), al Silvio Piola contro un Novara che a fine campionato riesce ad arrivare ai play-off, si porta via da quel campo tre preziosissimi punti e un gol da ricordare, di tacco, di Tonucci. Perché quello di oggi, malgrado sia più robusto ed esperto, invece si ferma e non riesce ad andare oltre alle proprie paure? La settimana scorsa, nello Speciale serie B di Sportitalia, il commentatore Alfredo Pedullà aveva mosso un piccolo appunto ad Andrea Camplone, constatando che in occasione dei tre gol contro il Cittadella non avesse mai esultato e fosse in generale, anche nelle varie interviste a fine partita, sempre corrucciato, non sorridesse. Camplone non può essere contento, il suo Cesena non può essere contento perché c’è ancora tanta strada da fare per risalire la china e questa strada non è detto che sia in discesa solo perché da un mese ad oggi è arrivato qualche punto in più al Manuzzi. E il fatto che Camplone non sorrida induce a pensare che ne sia ampiamente consapevole, malgrado oggi abbia sbagliato la lettura della partita per la prima volta da quando è arrivato a Cesena, non riuscendo a comporre un centrocampo che facesse filtro, lasciando la difesa imbarazzante in balia degli attaccanti del Novara.

Oggi è inutile parlare del fatto che forse si potrebbe pensare di schierare la coppia Djuric-Rodriguez dall’inizio, non solo quando si è sotto 3-0, di Laribi che ancora delude, di Renzetti che non è più se stesso e magari ha la testa altrove. Se nelle ultime trentadue partite fuori casa in serie B la media punti è di 0,69 (con la miseria di tre sole vittorie), il problema non può essere la tattica. Sicuramente, rispetto ad un mese e mezzo fa, lo stato d’animo è differente. C’è meno sconforto, effettivamente le possibilità e i mezzi per salvarsi ci sono eccome, ma rimane comunque un profondo sentimento di delusione. Gli obiettivi e i traguardi da raggiungere dichiarati ad inizio stagione erano decisamente altri. Quando si riaccenderà l’entusiasmo? Quando i tifosi, che impiegano le loro risorse per sostenere la squadra, troppo spesso sbandierati da chi fa la conta degli abbonamenti come se fossero un trofeo da mostrare nel salotto di casa quando si riceve visita, vedranno ripagati i loro sforzi con una soddisfazione che duri più di qualche giorno e sia da annoverare fra quelle che si ricordano negli anni a venire?