Bianchi: “Ho mandato Briegel in pensione. E quella telefonata del Trap...”

L’ex bianconero: “Quella promozione ‘targata’ Benedetti e quella salvezza con Cavasin mi fanno ancora emozionare. A novembre, con quel -7 dal Matelica, ho tremato”
21.03.2019 18:00 di  Flavio Bertozzi   vedi letture
Bianchi: “Ho mandato Briegel in pensione. E quella telefonata del Trap...”
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© foto di Federico De Luca

Dici Alessandro Bianchi e pensi subito a quello strepitoso scudetto interista dei record ‘targato’ Trapattoni. ‘Bianchino’, però, ha scritto (anche) diverse belle pagine della storia del Cesena.

Bianchi, i suoi primi anni in riva al Savio furono alquanto tormentati.
“Arrivai a Cesena che avevo 13 anni, dal Cervia. Le prime stagioni, per me, furono davvero durissime. Ogni campionato era sempre la stessa solfa: gli allenatori di turno mi vedevano troppo gracile e mi facevano sempre partire dalla panchina. Poi, col passare delle partite, riuscivo a guadagnarmi il posto da titolare. L’anno successivo si ricominciava tutto da capo ed io ero chiamato di nuovo a dimostrare il mio valore, a sovvertire le gerarchie di partenza. E’ stato così fino alla Primavera…”.

Poi lei è diventato un big. Se la ricorda quella doppietta rifilata alla Sampdoria nel 1988?
“E come potrei dimenticarmela?! Per me, quella domenica pomeriggio, arrivarono tanti applausi. Anche se, la soddisfazione più grossa, giunse la sera. Davanti alla tv. Quando alla Domenica Sportiva mandarono in onda un’intervista fatta a Briegel. ‘Mi avevano detto che a Cesena avrei dovuto marcare una giovane ala scarsa – disse il tedesco davanti ai microfoni della Rai – invece questo Bianchi mi ha fatto dannare l’anima per 90’. Oggi ho capito che per me è giunto il tempo di cominciare a pensare alla pensione…’. Che ricordi!”.

Quel 'piccolo' Cesena, alla fine, si salvò. E lei se ne andò invece alla 'grande' Inter.
“Edmeo Lugaresi mi aveva praticamente già venduto al Napoli. Io però ero un ragazzo molto riservato, molto timido: la piazza di Napoli mi faceva un po’ paura. Avevo un sogno nel cassetto: andare all’Inter. E, alla fine, il mio sogno si avverò sul serio. Un giorno, mentre ero a casa mia a Cervia, squillò il telefono. Mia mamma mi disse: ‘Alessandro, vieni qui. C’è Trapattoni che ti vuole parlare’. Pensavo a uno scherzo di qualche mio amico. Invece era tutto vero. Il Trap mi voleva con sé a Milano...”.

Nel 1996 il grandissimo Edmeo la richiamò poi all’ovile.
“Quel secondo mio ciclo in bianconero mi regalò anche due brutte retrocessioni in serie C. Io però preferisco parlare delle cose belle. Come la straordinaria promozione in B raccolta nel 1998 con il mitico Benedetti in panchina. O come la miracolosa salvezza arpionata giusto un anno dopo, con Cavasin. Quest’ultima fu davvero un’impresa epica. A metà stagione eravamo praticamente già retrocessi, morti e sepolti. Poi, all’improvviso, iniziò quella remuntada da urlo…”.

Che ci dice invece di questo ‘nuovo’ Cesena a caccia del ritorno fra i prof?
“Il mio amato Cesena continuo a seguirlo sempre con affetto, anche in questa stagione sono venuto a vederlo allo stadio diverse volte. Che dire? Che a fine novembre, quando i bianconeri erano a -7 dalla vetta, mi ero preso un bello spavento. Adesso invece, anche se Ricciardo e soci hanno perso un po’ lo smalto dei giorni migliori, con questo +5 sul Matelica sono un po’ più sereno. Il traguardo è ancora lontano ma i numeri e la ragione dicono che in C ci andremo noi. Non vedo l’ora di abbandonare i dilettanti…”.