L'atleta di Dio

28.09.2011 14:24 di Francesco Pizzinelli   vedi letture
L'atleta di Dio
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Nell’ anno della retrocessione in serie B, il Cesena almeno un santo in paradiso ce l’ aveva per forza.
Amarildo Souza do Amaral, per tutti più semplicemente Amarildo.
Se oggi qualcuno si ricorda ancora di lui è essenzialmente perché, ad ogni partita, regalava puntualmente una Bibbia all’avversario di turno (in quanto Atleta di Dio, di cui oggi fanno parte anche pezzi da novanta come, ad esempio, Kakà).
Regolarmente presente negli elenchi delle più clamorose “pippe straniere” del nostro calcio, il suo nome provoca ancora un brivido alla Curva Mare, anche se, a distanza di anni, andrebbe almeno parzialmente rivalutato: giunse in Romagna dopo una stagione giudicata non soddisfacente dalla Lazio (29 partite, 8 gol) che a sua volta lo aveva comprato dalla Spagna, dove era diventato “quasi famoso”, nel Celta Vigo.
Ricordo che a  quel tempo il Cesena la preparazione la faceva a Sportilia e, un pomeriggio, mi portarono: avevo circa 11 anni, mi trovai ad un tavolino nella hall dell’ albergo e mi si piazzò davanti Antonioli che mi parve altissimo.
Al campo, la squadra era quasi tutta già in campo, sulle tribunette un sostanziale silenzio. Poi entra Amarildo: partono gli applausi, le urla: un vecchio di fianco a me spiega ad un giovane tifoso che “questo è quello che dovrà fare i gol..”
Ne farà 13 in due anni (strano il calcio: c’ è chi con la stessa media-gol oggi gioca nella Juventus)
In mezzo vincerà pure un trofeo, con la maglia del Torino però, al  quale il Cesena lo prestò per disputare la finale della Mitropa Cup.
Aveva degli estimatori, dunque, Amarildo.
Io assistei a quello che probabilmente fu il suo ultimo gol in Italia, in un Cesena – Ancora di serie B, terminato 1 a 1: botta di volo dal limite in bella coordinazione.
Poi se ne tornò in Brasile a giocare in squadre sempre minori, fino a terminare la carriera, a 35 anni, nel 1999.
Un giocatore discreto dunque, che forse ha avuto una carriera anche superiore alle sue qualità: un uomo fortunato, dunque.
Se chiedete a lui, il merito però è del cielo.