La Lanterna #7 | Cesena Park

Ivan Graziani è ancora con noi. Ma mica quello che giocava mercoledì sera all’Orogel Stadium
26.10.2018 15:00 di  Gian Piero Travini   vedi letture
Ivan Graziani
Ivan Graziani

di Bruno Rosati

“Gli amici fanno chiasso e la notte è già balorda qualcuno ride forte con le bottiglie fra le braccia: «Ma questa casa di chi è?»”.
È il Dino Manuzzi, è la nostra casa.
Il fascino che assume nelle partite serali evoca atmosfere uniche nell’intero panorama calcistico italiano. Sebbene il palcoscenico non sia il migliore mai calcato, la cornice è sempre meravigliosa.

Anche la sfida col Forlì non è delle più sentite, malgrado in settimana da più parti abbiano cercato in tutti i modi di propinarcela come derby. “Più che derby, una partita fra amici” recitava lo striscione esposto dai tifosi forlivesi in curva Ferrovia. In campo invece il clima è tutt’altro che amichevole.
Lo spirito è sin da subito battagliero fra chi va in cerca di conferme, i padroni di casa, e chi va in cerca di riscatto, gli ospiti che da diverse settimane lamentano parecchi torti ai loro danni.

Chi non contribuisce a raffreddare gli animi è di certo l’arbitro Piazzini di Prato che, magari, “non per falsa ingenuità, ci credeva”. La sua rigidità nel distribuire cartellini lo porta ad ammonire un po’ chiunque sino ad arrivare all’espulsione di Tonelli, fiscale ma sulla quale si poteva (e si doveva) soprassedere. Di lì in avanti fa innervosire tutti, specialmente quando decide di non vedere il fallo in area di rigore sul bianconero Tortori, punendolo addirittura per simulazione, come se ciò servisse a compensare la cattiva gestione precedente.
Chi se la prende più di tutti con il direttore toscano è l’allenatore dei galletti Campedelli, ex dal dente avvelenato. La sua voglia di rivalsa per la sua breve e sfortunata parentesi da tecnico bianconero gli viene strozzata in gola da alcune scelte che reputa discutibili. Nella conferenza stampa del post-partita è visibilmente inviperito e forse anche un po’ abbattuto.

Ma, caro biancorosso, compagno d’un’avventura, certo che se ti hanno cacciato, no, non è colpa di Cesena e del suo pubblico.

Così la partita si inasprisce, il Forlì comincia a fare ostruzione con ogni mezzo possibile e immaginabile. Più i minuti scorrono, più la tensione cresce. Lo spettro del Matelica che si allontana si fa sempre più concreto, quando la zuccata vincente di Ricciardo porta in vantaggio il Cavalluccio.
La gioia della punta messinese è incontenibile, ha “gli occhi sgranati a sentir quei sì” dalla Curva Mare in festa dopo il gol e allora decide di emulare Brienza contro la Juventus, gettandosi letteralmente fra le braccia dei tifosi.
Mancava solo una partita in notturna per farci sentire, finalmente e definitivamente, di nuovo a casa.

E non ce ne voglia Ivan Graziani, malizioso bomber mercuriale ed assoluto conoscitore della serie D, ma a “rimandarci lì, le immagini di allora” è Beppe De Feudis. Più di ogni altro componente della rosa sa cosa significhi giocare al Manuzzi e più di ogni altro riesce a mantenere l’aplomb necessario anche quando si vede sventolare in faccia un giallo del tutto gratuito. È lui a condurre la squadra sino ad una vittoria niente affatto scontata ed è sempre lui a farci “respirare di nuovo la vita vissuta con lui”. A tutti noi, “fottuti di malinconia... ”.