TIFARE CESENA - Un inevitabile atto di puro masochismo

Tifare Cesena: gioie, sogni, amarcord e tormenti del tifoso cesenate comune.
10.11.2016 12:00 di  Michele Grotti   vedi letture
TIFARE CESENA - Un inevitabile atto di puro masochismo
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© foto di Francesco Di Leonforte/TuttoCesena.it

Tifare Cesena, oggi, è un atto di puro masochismo, è come guardare una fiction della Rai, ascoltare i Modà o andare a Cuba con moglie e suocera. Alla fine di ogni partita provi la stessa rabbia, la stessa frustrazione e la stessa impotenza che ti senti addosso dopo una puntata di Report, con la sensazione amarissima che tanto non cambierà mai niente, che sarà sempre il solito schifo.

Tifare Cesena, oggi, è come vivere l'incubo di "Ricomincio da capo", il film dove Bill Murray si risvegliava ogni volta alla mattina dello stesso giorno, e il giorno del tifoso bianconero non è quello della marmotta, ma è quello dove la partita è sempre uguale, che potevi vincerla, che poteva starci il pareggio, che hai giocato bene però l'hai persa, e intanto ti chiedi se un gol di Garritano arriverà prima del prossimo passaggio della cometa di Halley.

Tifare Cesena, oggi, è farsi del male consapevolmente, eppure non puoi farne a meno, e magari ti ritrovi a invidiare quelli che del calcio non gliene frega un bel niente, che ci hai provato anche tu, ma se hai resistito a Walter Nicoletti lo sai che non hai speranza, sarai tifoso bianconero a vita.

Dopo Brescia-Cesena dì venerdì scorso, la notte, ho continuato a tifare Cesena anch'io, che al ricordo delle assi di legno e dei tubi innocenti dello Stadio La Fiorita ancora mi emoziono, ma a prendere sonno non ce l'ho proprio fatta. Accanto a me c'erano mia moglie e mia figlia che dormivano beate - tipo Falasco quando arriva un cross dentro la nostra area di rigore - mentre io continuavo a tenere gli occhi spalancati verso il soffitto dove scorreva sempre lo stesso highlight: assist di Kone e tiro di Laribi, a tu per tu col portiere avversario, con la palla della possibile svolta che supera traversa e curva per finire al casello di Brescia Est. E mi chiedevo: ma Laribi, per Dio!, non è un Mauro Bogoni o un Giovanni Mei, Laribi ce l'hanno prestato in quanto trequartista dai piedi raffinati! E allora perché? Perché davanti ad una porta grande come la Groenlandia ha calciato fuori di un chilometro?

Raccontano di un tizio, un certo Franzini, che amava stare al buio, nudo, e tenere nelle mani due pietre con cui, ogni tanto, pa-pam!, si schiacciava le parti intime. A chi gli chiedeva "ma che gusto c'è a schiacciarsi i maroni tra due sassi?", lui rispondeva "il gusto è quando mi sbaglio e non ci prendo". Ebbene, non so voi, ma io sto aspettando la partita del "non ci prendo". Nel frattempo, però, mi preparo a un prosieguo di campionato con le gonadi doloranti, sperando sempre che si tratti soltanto di un brutto incubo da cui mi risveglierò con Djuric capocannoniere.