TIFARE CESENA - Toglietemi tutto ma non la Leotta

Tifare Cesena: gioie, sogni, amarcord e tormenti del tifoso cesenate comune.
01.12.2016 15:00 di  Michele Grotti   vedi letture
TIFARE CESENA - Toglietemi tutto ma non la Leotta
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Negli ultimi tempi, con maggior vigore, ho sentito invocare da più parti del tifo - le parti davvero inviperite - una sorta di “facciamola finita”, perché di questa situazione debitoria non se ne può più e perché la rottura nei confronti dell’attuale leadership societaria è storia vecchia. “MEGLIO L’ECCELLENZA CHE QUESTA DIRIGENZA” è lo slogan che ormai va per la maggiore. Ora però c’è una domanda da farsi, e dobbiamo farcela tutti insieme con molta razionalità: se dovessimo fallire e ripartire dall’Eccellenza, chi sarebbero i nuovi proprietari del Cesena Calcio disposti a subentrare e a riportarci in tempi brevi nel calcio che conta? Qualcuno si illude col solito nome roboante di Nerio Alessandri, ma qualche sera fa ero tra gli ospiti di una splendida serata alla Technogym e le parole del padrone di casa erano inequivocabilmente rivolte ad un futuro dove i suoi unici interessi saranno ancora e sempre il Wellness, di cui ormai è ambasciatore mondiale, e un business di livello e respiro internazionale in cui una realtà piccola come il Cesena Calcio non potrebbe mai rientrare. Altri confidano, invece, nel misterioso imprenditore nascosto nell’ombra (Marino Vernocchi?) ma talmente ben nascosto che non se ne hanno tracce da anni, in pratica dal giorno in cui se n’è cominciato a parlare. Con queste fantasie, cari tifosi, non si va da nessuna parte e si rischia soltanto di rimanere al palo, perché la verità è che col calcio ci si rimette quasi sempre e che ormai è soltanto un giochino con cui possono trastullarsi  i nababbi oppure una vetrina per gruppi imprenditoriali, magari cinesi e magari sconosciuti, che cercano soltanto visibilità, che è un po’ come affittare un negozio in Via Montenapoleone, che con gli affitti che corrono sarà sempre in perdita, ma dal punto di vista del marketing è il massimo. E sia chiaro: non ci sono all’orizzonte grandi e ricchi imprenditori in attesa di avventarsi sul cadavere del fu Cesena Calcio, anche perché il momento sarebbe già arrivato da un pezzo, e invece questa è una piccola piazza che non può far certo gola al Suning che tutti sogniamo, e posso garantire che i soci attuali del Cesena Calcio (sono in amicizia con diversi tra loro e me lo confermano ogni volta) sarebbero super disponibili ad avviare una qualsiasi trattativa per la cessione della società, anche a costo di rimetterci qualcosa . E quindi? E quindi questa è la miglior compagine societaria possibile, c’è poco da fare, e semplicemente per il fatto che è l’unica disponibile, anche se sbaglia a scegliere un allenatore, anche se sbaglia a valutare un giovane, anche se sbaglia e basta – voi, cari tifosi, non sbagliate mai? - e si rassegnino quelli che auspicano cambi al vertice, o altrimenti che siano loro a farsi avanti, a metterci firme di garanzia, a tirare fuori i soldi per comprare il Cesena Calcio e fare di meglio, che se avessi vinto i centosessanta milioni di euro al Superenalotto lo avrei già fatto io, giuro, e a gennaio, a Foschi, lo avrei già preparato a scatenarsi sul mercato con un po’ di milioncini freschi alla mano. Ma senza grandi investitori, ripartire dall’Eccellenza significherebbe con ogni probabilità rimanerci per secoli, fino a quando di Drago e Camplone racconteremo ai nostri pronipoti in quanto vecchi fossili preistorici, ormai abituati e rassegnati alle trasferte ad Alfonsine e con uno Stadio Manuzzi cattedrale nel deserto. E’ questo che volete, cari tifosi? E qualcuno, magari, dirà che l’Eccellenza è uno splendido campionato e che ci si diverte da matti, per carità.

Nella stessa serata di cui parlavo prima, alla Technogym, c’era anche Italo Cucci, giornalista che ne ha viste di ogni, ed è stato lui, in confidenza tra un nugolo di attenti ascoltatori, a definire il Cesena un ascensore che a volte può anche arrivare ai piani più alti, certo, ma che innanzitutto deve saper gestire bene, con razionalità e senza perdere la testa, le discese, i piani bassi, senza sprofondare, perché la Serie B è la vita, va difesa coi denti, che più in basso si rischia davvero di finire nell’anonimato e morire. Io sono d’accordo con lui, io non voglio l’anonimato per il mio Cesena, preferisco giocarmi il fegato e sopportare qualsiasi supplizio - che noi romagnoli siamo di quelli che possono cavarsela sempre - pur di rimanere in Serie B e di sentire tutti i sabati che dalle labbra strepitose di Diletta Leotta esca la magica parolina di cui vado tanto fiero: Cesena.

Poi, ovvio, resto sempre pessimista, ma questa è tutta un’altra cosa, e per questo più che Nerio Alessandri servirebbe Sigmund Freud.