ESCLUSIVO Bisoli: “Il Coronavirus è peggio della guerra. E non è finita qui…”

L’ex bianconero si confessa, fra Covid-19 e calcio: “Ora c’è il pericolo che esploda una bomba sociale. Non sono tornato a Cesena perché non c’era un progetto. Che sorpresa Ravaglia!”
28.03.2020 18:15 di  Flavio Bertozzi   vedi letture
ESCLUSIVO Bisoli: “Il Coronavirus è peggio della guerra. E non è finita qui…”
© foto di U.S. Cremonese

Le ansie, le paure e le speranze dell’inossidabile Pierpaolo Bisoli. In piena emergenza Coronavirus. Il tutto concentrato dentro un’unica (imperdibile) intervista esclusiva da leggere tutto d’un fiato. “Secondo me i campionati non riprenderanno – sentenzia deciso l’ex trainer bianconero dalla sua prigione forzata di Cesenatico – e all’orizzonte vedo tante altre nuvole a dir poco minacciose…”.

Bisoli, quando ha capito per la prima volta che il Coronavirus avrebbe messo davvero in ginocchio (anche) il Bel Paese?
“Era il 5 marzo. Era un giovedì. Era il mio primo giorno di lavoro a Cremona (l’Uomo di Porretta Terme era stato appena chiamato per sostituire l’esonerato Rastelli, ndr). Ero già molto preoccupato per il Covid-19, ma in Romagna la ‘vera’ emergenza non era ancora scattata. All’improvviso mi sono trovato catapultato dentro un universo parallelo. Dentro un incubo. Fatto di ansie. Di sospetti. Di preoccupazioni. Di paura. Tanta paura”.

Ci dica di più.
“Dopo il mio primo allenamento, la sera stessa, io e i miei tre collaboratori ci siamo sistemati  in un grosso hotel vicino al centro sportivo della Cremonese. Ebbene, in albergo c’eravamo solo noi. E un gruppo di militari stravolti che per tutta la giornata avevano prestato servizio nella ‘famosa’ zona rossa di Codogno. L’atmosfera che si respirava quella sera in quell’hotel era a dir poco spettrale. Intrisa di dubbi e sofferenza”.

Un paio di giorni dopo, la sua Cremonese, ha espugnato con forza Frosinone.
“Si giocava a porte chiuse, nello stadio si sentiva praticamente solo la mia voce. Un debutto migliore non potevo nemmeno immaginarlo. L’euforia per quella pesante vittoria, però, è durata un paio di ore. Infatti, l’emergenza Coronavirus, stava montando sempre di più. Non solo in Lombardia. Come fai a pensare al calcio davanti a una simile tragedia?”.

Che cosa le sta frullando per la testa in questo momento?
“La mia voglia di calcio, la mia fame di campo, la mia sete di salvezza: tutto ciò, al momento, è passato inevitabilmente in secondo piano. Anzi, in terzo piano. Ora, la mia priorità, la priorità del mondo intero, deve essere quella della tutela della salute. Di limitare il più possibile il contagio. Di rispettare le regole. Siamo in guerra. Anzi, il Coronavirus è peggio della guerra. Perché in guerra, il tuo nemico, ha un’identità. Un volto. Qui, invece, il nemico è subdolo. È bastardo. Non si fa vedere. Lo potresti incontrare all’edicola quando vai a prendere il giornale. Oppure al supermercato, al bancone dei surgelati”.

Intanto il bilancio delle vittime si fa sempre più tragico.
“Il primo pensiero va subito a chi non ce l’ha fatta. Ai famigliari di tutte le vittime. A tutti i medici. Poi, ovviamente, è chiaro che la mie mente vola anche al futuro. Perché secondo me, il peggio, deve ancora arrivare. A livello economico è fin troppo facile prevedere un bagno di sangue. E non sottovalutiamo poi l’aspetto sociale. Abbiamo già avuto le prime pericolose avvisaglie, presto la situazione potrebbe degenerare: come si comporteranno tutte quelle persone che, di punto in bianco, si ritroveranno senza un lavoro o senza i soldi per comprare il pane o il latte? C’è il pericolo che esploda una bomba sociale, una sorta di rivoluzione…”.

Meno pressante, ma comunque importante, è la crisi che ha già contagiato il mondo del pallone.
“L’orizzonte, anche su questo fronte, è nero come la pece. Nei prossimi mesi, per tutti i club, caleranno introiti sicuri legati a sponsor, abbonamenti, tv. I club che erano in forte difficoltà già prima dell’avvento del Virus potrebbero andare incontro a una brutta fine. Non ho la sfera di cristallo, vediamo cosa succede. Vediamo quali aiuti arrivano dal Governo. Io, nel mio piccolo, sono pronto a dare una mano. A fare un sacrificio. Se me lo chiedono, mi taglio lo stipendio (nel frattempo, il club grigiorosso, è sceso in campo per combattere il Covid-19: i calciatori e lo staff della prima squadra, assieme ai componenti del settore giovanile e ai collaboratori, hanno donato ben 50mila euro all’Associazione ‘Uniti per la Provincia di Cremona’, ndr).

Secondo lei riprenderanno i campionati?
“Secondo me non ci sono proprio tempi tecnici per far rimettere in moto in tutta sicurezza il carrozzone. Per me si ripartirà con il torneo 2020-21. Poi è chiaro, nel qual caso dovessero far ripartire in extremis l’attuale stagione cadetta, noi faremo di tutto per farci trovare pronti. I miei splendidi ragazzi, anche se siamo in piena emergenza, stanno continuando ad allenarsi da soli. A casa. I miei collaboratori hanno infatti messo in piedi una video chat, a cui si collegano tutti i giocatori. Una volta al giorno. Il pomeriggio. Per un’ora e mezza. Dal lunedì al venerdì”.

Fra questi ragazzi c’è anche un ‘certo’ Ravaglia. Lei e Nicola, ai tempi di Cesena, avevate avuto qualche problemino…
“Caro Bertozzi, sai che ti dico? Che, quella di Ravaglia, è stata una piacevole sorpresa. Qui a Cremona, dopo tutti questi anni, ho ritrovato un Ravaglia più maturo. Più forte, sia dal punto di vista tecnico che mentale. Un vero uomo spogliatoio. Nicola, col Frosinone, è stato anche il migliore in campo. Questo nuovo nostro matrimonio (forzato, ndr) è partito alla grande. E chi ben comincia…”.

A proposito di nuovi matrimoni. Due mesetti fa è saltato invece un suo nuovo (attesissimo) ritorno in riva al Savio.
“Tutti ormai conoscono l’affetto che nutro per la piazza bianconera: io ero pronto per tornare a Cesena, per sostituire Modesto. Sì, è vero: Patrignani, quel ‘famoso’ lunedì (era il lunedì post Triestina-Cesena, ndr), mi ha chiamato. Lui voleva chiudere un accordo sino a giugno, io volevo un contratto sino al 30 giugno 2021. A far saltare tutto non è stata una semplice questione di soldi. Ma una questione di…progetto. Io volevo porre le basi per un ‘qualcosa’ di più importante di una semplice salvezza da raggiungere a stretto giro di posta…”.

Il destino, comunque, le ha regalato un altro club ricco di storia e di fascino.
“Non è la classica frase fratta: sono davvero orgoglioso di essere approdato alla Cremonese. Dove ho trovato un patron strepitoso (il Cavalier Arvedi, ndr) e due direttori (il ds Bonato e il dg Armenia, ndr) con cui si è instaurato subito un grande feeling. Ho sicuramente un buon motivo in più per sperare che questo incubo Coronavirus possa finire il prima possibile: la ‘Cremo’ mi aspetta. Ora però, basta pensare al calcio. C’è da vincere la guerra più importante. Anzi, lo ripeto un’ultima volta: il Covid-19 è peggio della guerra. Bisogna restare uniti. Ora più che mai…”.