LA LAVAGNA - Calma, è una sconfitta che "ci sta"

15.10.2017 12:30 di  Bruno Rosati   vedi letture
LA LAVAGNA - Calma, è una sconfitta che "ci sta"
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© foto di DiLeonforte/TuttoCesena.it

Nel caldo torrido di un’Emilia che arde come se fosse ancora Agosto, il Cesena cade nuovamente. Solo che non è più Agosto, siamo ad Ottobre ed il Cesena è nuovamente da solo all’ultimo posto della classifica. La classifica è ancora cortissima ma dopo nove giornate nessun’altra formazione ha perso tante partite quante il Cesena (sono già sei) e questo è un dato che deve inevitabilmente far riflettere.

Così come accaduto a Cittadella, i bianconeri scendono in campo non mentalmente pronti e nel giro di quindici minuti si trovano già sotto di due gol. Non è così facile, come apparentemente potrebbe sembrare, stabilire quali siano le ragioni di questo approccio errato; le due reti di Jelenic sono imputabili non solo ad errori individuali ma anche ad un posizionamento collettivo sbagliato in fase di ripiegamento: malgrado ciò, non si può dire che al Cesena sia mancata la concentrazione perché, nell’arco dei novanta minuti, gli undici sul terreno di gioco si sono mossi da squadra, cercando di costruire una manovra ragionata. L’esito è stato un giro-palla compassato, lento e sterile ma non è stato confusionario, frutto di scelte estemporanee del portatore di palla. Questo significa quanto meno che c’è una precisa idea di fondo su come impostare l’azione e che la rosa la recepisce, il che non è sempre scontato.

I due centrocampisti centrali non sono riusciti a velocizzare il gioco, semmai l’hanno rallentato. La materia prima è quella che è e Castori non ha avuto poi tanto tempo per far sì che i suoi schemi vengano assimilati. Lo stesso Schiavone, match winner della precedente gara contro lo Spezia, per sua stessa ammissione non si è ancora adattato al nuovo modulo. Ecco, proprio lui dovrebbe chiedersi come mai abbia fatto fatica a giocare come play-maker con Drago, successivamente sia finito ai margini con Camplone ed ora abbia difficoltà in questa nuova disposizione. La sua buona volontà non è in discussione (in certi frangenti forse qualche compagno di squadra dovrebbe trarre ispirazione dal suo spirito) però la buona volontà non basta per far punti, ad un certo punto serve qualcosa di più.

La difesa dei padroni di casa non è mai andata in difficoltà nonostante il Cesena abbia guadagnato ben dodici calci d’angolo; nelle precedenti gare a fatica arrivava a conquistarne la metà. Non aver sfruttato a dovere i corner è con ogni probabilità il rammarico più grande che resterà di questa giornata. Il colpo di testa spedito a lato da Moncini grida ancora vendetta.

In generale, nessuno ha saputo trovare il tempo giusto per concludere verso la porta avversaria, consentendo così ai carpigiani di creare densità e di portare pressione. Appena una settimana fa, mister Castori aveva azzeccato tutti i cambi in corso d’opera. Oggi, contro la sua ex squadra, è servito a poco il suo tentativo di rimescolare più volte le carte in tavola: con l’ingresso di Moncini, Laribi si è abbassato di qualche metro tornando a giocare davanti alla difesa; dopo l’entrata di Panico per Di Noia (arrivato a Cesena per sostituire Crimi come mezzala e schierato in questa occasione come terzino sinistro), Fazzi si è spostato dalla fascia destra e il suo posto è stato preso da Vita (subentrato a sua volta a Schiavone). Ciò non basta a sovvertire l’inerzia di una partita già incanalata su binari sfavorevoli. La tardiva marcatura che ha dimezzato lo svantaggio, infatti, è arrivata in pieno recupero su un’autorete.

Il Cesena aveva vinto in maniera netta tutti gli incroci con i biancorossi negli ultimi campionati, sia in Romagna che nella provincia modenese. Aver perso anche in questo campo tradizionalmente favorevole aggrava ulteriormente la situazione. Delle partite infruttuose disputate sinora, questa è quella che fa meno male. In un campionato equilibrato e livellato verso il basso, dove nessuna squadra può sistematicamente prevalere sulle altre, questa potrebbe essere la classica “sconfitta che ci sta”, dovuta ad una giornata storta e decisa da episodi non favorevoli (di due rigori platealmente reclamati dai bianconeri forse almeno uno era da concedere). Non si è subita un’imbarcata come a Vercelli, non ci sono stati cali nel finale come contro l’Ascoli al Manuzzi. Sarebbe così, se non fosse che ogni gara senza punti rappresenta una mazzata pesante sul morale di una rosa costantemente vittima delle proprie paure, prima ancora che delle capacità avversarie. Ora come ora, non perdersi d’animo è un compito importante quanto trovare espedienti tattici più produttivi rispetto a quelli messi in campo in queste nove giornate.